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15 Settembre, 2002
«Assalamu’alaykum»
Al CRAC « due racconti fatti di immagini e non di parole» di Igor Pesce

TITOLO DELLA MOSTRA “Assalamu’alaykum”

ARTISTA Igor Pesce

CURATORI Dino Ferruzzi, Gianna Paola Machiavelli

INAUGURAZIONE Martedi 20 – 11 - 2007 ore 18.00
APERTURA AL PUBBLICO Dal 20 -11-2007 al 20 -12-2007

ORARI DI APERTURA Da Lun a Ven ore 10.00 – 16.00, Sab ore 10.00 – 13.00 e su appunt.

GENERE Fotografia - Installazione

PATROCINI Comune e Provincia di Cremona

SEDE e INFORMAZIONI CRAC Centro Ricerca Arte Contemporanea del Liceo Artistico Statale "Bruno Munari" di Cremona

tel/fax 0372 34190 – cell. 347 7798839 - e - mail. crac.cremona@artisticomunari.it

“Assalamu’alaykum”

“Assalamu’alaykum” ovvero “Che la pace sia con te”. Questo è il saluto universale valido e riconosciuto in tutto il mondo arabo. Questo è il saluto che per 13 mesi mi ha accompagnato prima in Afghanistan e poi nei paesi arabi/musulmani in cui ho viaggiato. E sempre questo è il saluto che spesso mi ritrovo ad usare nei cantieri dove lavoro, per salutare le maestranze che sempre più vengono da lontano.

Un’ espressione forte, calda, sincera, vera che viene usata molto spesso in paesi in cui di solito la pace non c’è.

“Assalamu’alaykum” a chiunque venga a vedere i due racconti fatti di immagini e non di parole.

Da una parte la storia della costruzione del terzo ospedale di Emergency in Afghanistan, a Lashkar-gah (provincia di Helmand – Afghanistan del sud) realizzato in 15 mesi da 200 afgani. La storia fatta di uomini, persone, individui che hanno realizzato un’oasi in mezzo al deserto dove la gente può venire ricoverata e ricevere cure mediche in maniera del tutto gratuita, in un paese, l’Afghanistan appunto, dove tutto ha un prezzo, anche la sanità pubblica. La storia di un architetto, che ama la sua professione, e che per la prima volta scopre quasi per caso che la stessa può realmente e concretamente contribuire a realizzare almeno un tassello di quello che in italiano chiamiamo pace e che in arabo viene detto “salam”.

E’ la storia di un uomo che è rimasto affascinato, colpito, influenzato dalle montagne che come draghi di pietra addormentati accudiscono un deserto caldo, polveroso, sassoso, pieno di insidie ma anche ricco di umanità, gioia, colori, sorrisi.

Dall’altra la storia di quotidiana guerra. La guerra è guerra. Non ci sono termini per addolcirla, addomesticarla, renderla meno dolorosa. La guerra è guerra. Lo sanno i soldati che la combattono, lo sanno i civili che ci devono convivere, lo sanno i parenti delle vittime, vittime che al giorno d’oggi sono per il 90% civili.

La storia di una guerra di cui io ho visto i tragici e per nulla “umanitari” risultati nelle sale operatorie degli ospedali di Emergency, di cui ho letto l’inutilità e insensatezza negli occhi dei soldati che ho incontrato lungo il mio cammino. La guerra non porta da nessuna parte. Non risolve nessun tipo di conflitto. L’ho sperimentato in prima persona. L’ho visto con i miei occhi. L’ho sentito con le mie orecchie. Ed è in maniera intima e sussurrata che cerco di trasmetterlo allo spettatore.

Non ci sono né giudizi, né posizioni politiche, né messaggi subliminali in nessuna delle due storie. Sono due racconti oggettivi. Sono momenti di quotidianità intrappolati dalla mia macchina digitale.

La tentazione era quella di dare più risalto alla storia della quotidiana guerra. Per impressionare, per dare risalto ad un orrore al quale purtroppo ormai ci siamo abituati, o meglio, del quale non sappiamo nulla e quindi non diamo peso, perché ritenuto troppo lontano da noi, appartenente a mondi distanti anni luce dal nostro, ma che in realtà sono solo a cinque ore di volo dal nostro bel paese.

Voglio dare vita e spazio al racconto degli uomini che mi sono ritrovato a coordinare e con i quali ho vissuto a stretto contatto e che hanno lasciato un segno indelebile nel loro paese e in me sia come architetto che come uomo.

Igor Pesce

 


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