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 Storia Cremonese

15 Settembre, 2002
fusiorari.org giornale telematico milanese, parla di una famiglia cremonese
I Fogliazza, democrazia, partecipazione e protesta in tre generazioni

Politica
Il ruolo della famiglia nell’esperienza politica di una democrazia. L’utilità della partecipazione nella vita sociale di un Paese. La protesta come formula per la modifica dell’agenda politica. Tre semplici passaggi racchiusi nelle vicende familiari dei Fogliazza.
Giorgio Uberti


MILANO - Famiglia. Secondo un qualsiasi vocabolario la famiglia è un raggruppamento di persone o cose unita da qualche legame e avente caratteri comuni. Scienze come la biologia, la sociologia, la matematica, la linguistica, usano questo concetto per definire una loro proprietà. Comunemente si interpreta la famiglia come il gruppo di persone formato dai parenti a noi più stretti e quindi si tende a relegarla nella sfera privata. Raramente questo insieme di individui viene associato a un ambito di esperienza umana vicino alla politica.

LA FAMIGLIA COME ATTORE POLITICO, DAI KENNEDY AI FOGLIAZZA - Per tutta una lunghissima epoca storica, gli attori principali della politica sono state proprio le famiglie. Da un lato collochiamo le famiglie dell’aristocrazia e dall’altro quelle dei sovrani. I loro membri erano legati da vincoli familiari e le loro vicende determinavano un ruolo fondamentale nella realtà politica di molti paesi. Seppure ad un livello più limitato, anche nell’epoca contemporanea troviamo casi di parentela in eventi elettorali o nella vita di grandi organizzazioni come i partiti. Questi rapporti sono tutt’altro che scomparsi nonostante l’eliminazione dell’ereditarietà come principio legittimo di trasmissione del potere. Certe “dinastie democratiche” come i Kennedy o i Bush, per citare la politica americana, i Craxi o i Berlinguer per venire a quella italiana hanno infatti un ruolo politico non trascurabile. Sessantaquattro anni or sono Enrico Fogliazza alias “Kiro”, classe 1920, difendeva l’Italia in veste di partigiano in Val di Susa. Da quel momento storico, la sua famiglia è sempre stata vicina ai problemi del Paese e in special modo a quelli della sua provincia: Cremona. Ne sa qualcosa suo figlio, Amedeo, classe 1949, che in piena contestazione “sessantottina” guidò il movimento studentesco, e che attualmente è membro della dirigenza del Partito Democratico provinciale e portavoce del Sindaco della stessa Cremona. Città che ha già conosciuto il più giovane dei Fogliazza, Michele, figlio di Amedeo, classe 1981, iscritto alla facoltà di Filosofia all’Università Statale di Milano, famoso per il suo talento letterario e per la sua attività politica condotta all’epoca del liceo come rappresentante degli studenti. Parliamo dunque di una delle dinastie politiche più importanti del nostro Paese. Una famiglia cremonese con una caratteristica in comune da tre generazioni: la tendenza ad esporsi in prima persona per difendere le proprie idee. Alcuni la definiscono una “famiglia di contestatori” altri vedono in loro il modello della famiglia italiana votata alla politica, anche se, a pensarci bene, queste due definizioni possono essere facilmente conciliate.

DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE IN TRE GENERAZIONI - Per capire come la contestazione può modificare l’agenda politica di uno Stato dobbiamo prima di tutto riflettere sul regime politico di quello Stato. Nel caso italiano, così come per la maggior parte dei paesi occidentali, l’assetto è quello democratico. Il significato letterale di democrazia è “potere del popolo”, nel senso che deriva dal popolo, appartiene al popolo e deve essere usato per il popolo. Nel corso dei secoli il significato di democrazia è andato evolvendosi e oggi i politologi concordano nel definire la democrazia come quel regime contraddistinto dalla garanzia reale di partecipazione politica della popolazione adulta maschile e femminile e dalla possibilità di dissenso, opposizione e anche competizione politica. Dissenso, opposizione e competizione sono tutti termini che girano attorno al concetto chiave della democrazia, cioè partecipazione. Il tema della partecipazione è centrale per la politica e per la democrazia. Il concetto stesso di politica, riferendosi nella sua radice etimologica alla polis greca, richiama un’immagine di partecipazione: nell’agorà si interviene attraverso l’espressione delle proprie opinioni alla elaborazione delle decisioni. La partecipazione politica è stata definita come il coinvolgimento dell’individuo nel sistema politico a vari livelli di attività, dal disinteresse totale alla titolarità di una carica politica. Sicuramente la famiglia Fogliazza in quanto a partecipazione non è stata carente. Basti pensare alla splendida carriera parlamentare di Enrico, il capostipite della famiglia, per dieci anni deputato nelle file del Partito Comunista; ha successivamente fondato la Confederazione Italiana Coltivatori, è stato consigliere comunale e provinciale con diversi mandati, assessore all’agricoltura, alla caccia e alla pesca, ha scritto numerose pubblicazioni e attualmente è presidente provinciale dell’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani. Suo figlio oltre ad aver ricoperto il ruolo di leader “sessantottino” e aver guidato, in quegli anni, le manifestazioni contro la guerra del Vietnam, è stato anche funzionario per il Partito Comunista, ha ricoperto il ruolo di addetto stampa per la presidenza della Provincia e nel 2003 è stato eletto responsabile del Coordinamento Nazionale dei cittadini per l’Ulivo. Ora è portavoce del sindaco di Cremona e da due anni si occupa dell’Associazione Nazionale per il Partito Democratico, organo da lui stesso fondato con numerose personalità italiane. Suo figlio Michele, è attualmente impegnato nella letteratura e nella filosofia, nel 2007 ha organizzato con Vinicio Capossela il festival della poesia di Cremona. Quindi anche lui partecipa attivamente a quel processo intellettuale di cui l’Italia ha bisogno per riacquistare competitività nel moderno scenario socio-politico.

LA PROTESTA E I FOGLIAZZA - Veniamo all’intreccio tra partecipazione e protesta. I principali attori che svolgono il ruolo di “contestatori” sono i movimenti sociali. Essi si riferiscono a reti di interazioni prevalentemente informali, basate su credenze condivise e solidarietà, che si mobilitano su tematiche conflittuali attraverso un uso frequente di varie forme di protesta. Dunque la protesta è uno dei metodi insiti della partecipazione politica che a sua volta è racchiusa nella definizione di democrazia. Per protesta si intende infatti una forma non convenzionale di azione che interrompe la routine quotidiana. Chi protesta si rivolge in genere all’opinione pubblica, prima ancora che ai rappresentanti eletti o alla burocrazia pubblica. Quindi, l’azione sarebbe caratterizzata dal muovere una critica fondamentale alla democrazia rappresentativa, sfidando i presupposti istituzionali dei modi convenzionali di fare politica in nome di una democrazia partecipativa. Chi protesta può tentare di esercitare pressione attraverso la minaccia di un potenziale danno, la mobilitazione di un numero consistente di cittadini o l’adozione di forme d’azione ad alto impatto simbolico. Recentemente si sono sviluppate forme di protesta basate su una logica della testimonianza. Queste azioni mirano a dimostrare un forte impegno per un fine considerato di vitale importanza per le sorti della società. Questa logica è la più coerente con il concetto di democrazia partecipativa diffuso tra gli attivisti, dove il diritto di influenzare un processo decisionale non viene da una investitura formale ma dalla forza dell’impegno. Un impegno che i Fogliazza donano al Paese da oltre sessant’anni, e se il filosofo americano Robert Hutchins sosteneva che la morte della democrazia non sarà opera di un assassino in agguato ma più probabilmente sarà una lenta estinzione causata da apatia, indifferenza e denutrizione, grazie a famiglie come quella dei Fogliazza questa estinzione non avverrà facilmente.

guberti.fusiorari@gmail.com

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http://I Fogliazza, tre generazioni di contestatori

Autore: Simone Ramella - 21 Dicembre 1998 · Una famiglia cremonese, tre generazioni, e una caratteristica in comune: la tendenza ad esporsi in prima persona per difendere le proprie idee. E’ questa la peculiarità dei Fogliazza. Enrico, 78 anni, nella primavera del ’44 scelse di intraprendere la lotta armata contro il fascismo, combattendo in Val di Susa al fianco del comandante Amedeo Tonani, nome di battaglia “Deo”, ucciso dalle truppe nazi-fasciste poco prima della liberazione. Dopo la guerra, Enrico si schierò dalla parte dei contadini per difendere le loro rivendicazioni e a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 sedette per due legislature in parlamento, eletto nelle liste del Partito Comunista.

Suo figlio Amedeo, detto Deo, classe 1949, ereditò il nome proprio da quel giovane comandante partigiano, con cui suo padre aveva intrecciato uno stretto rapporto di amicizia e di fratellanza, e nel ’68 fu uno dei protagonisti della contestazione studentesca. Michele, 17 anni, nipote di Enrico e figlio di Deo, è invece uno dei giovani che hanno coordinato la protesta studentesca di questo periodo nei confronti delle radicali riforme volute dal ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer, in particolare in opposizione al nuovo esame di maturità e al disegno di legge sulla parità scolastica tra istituti pubblici e privati.

Pochi giorni fa Michele, che frequenta il quarto anno ed è rappresentante d’istituto del liceo scientifico, insieme a una dozzina di altri studenti ha occupato con un blitz pacifico i locali della sua scuola. L’occupazione è durata un giorno soltanto. Gli studenti ribelli, infatti, hanno accettato di interromperla dopo aver ricevuto conferme a proposito di una visita di Berlinguer in città. La visita, che dovrebbe avvenire in gennaio, costituirà l’occasione per una discussione con il ministro sui contenuti della riforma che ha rivoluzionato il mondo della scuola.

Quello dei tre Fogliazza è dunque un pedigree che sembra giustificare la definizione di “famiglia di contestatori”. Una definizione di fronte alla quale loro reagiscono irrigidendosi, senza tuttavia negare l’evidenza: un partigiano, un sessantottino e un leader studentesco in erba, rappresentano senza dubbio più di una semplice coincidenza.

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Kiro, il partigiano contro la dittatura

A 78 anni, Enrico Fogliazza ha da tempo superato il periodo della giovinezza e della lotta partigiana. Ad animarlo, però, è sempre lo stesso spirito che un giorno della primavera del 1944, quando aveva 24 anni, lo spinse ad abbandonare la sua città, la sua famiglia e l’impiego come centralinista alla Banca Popolare, per prendere un treno che lo avrebbe portato in prima linea nella lotta contro il fascismo. Un viaggio pieno di insidie che per molti italiani si rivelò senza ritorno.

Di fronte alla definizione dei Fogliazza come “famiglia di contestatori”, Enrico, che una volta entrato a far parte delle truppe partigiane aveva adottato il nome di battaglia “Kiro”, sorride un po’ imbarazzato, azzarda una smentita, ma alla fine ammette di essere orgoglioso del nipote Michele, che si sta dando da fare alla testa del movimento degli studenti cremonesi. Così come è stato orgoglioso del figlio Deo, quando alla fine degli anni ’60 aveva scelto di schierarsi in prima linea nei movimenti di contestazione studentesca, contro il rigido sistema scolastico dell’epoca, ma anche contro la guerra del Vietnam.

A motivare il suo atteggiamento iniziale è l’istinto protettivo del nonno, che vuole fare da scudo al nipote contro i pericoli derivanti dall’esporsi in prima persona. Ma poi prevale la voglia di parlare: del suo passato, dei giovani di oggi, di quelli della sua generazione, e delle battaglie che vuole continuare a portare avanti in nome delle sue idee.

A proposito di Michele si limita ad esprimere la propria soddisfazione nel vederlo impegnato per qualcosa in cui crede, e concede: “E’ evidente che le sue posizioni attuali sono state in parte condizionate dal fatto di vivere in una famiglia come la nostra, e spesso discutiamo insieme delle questioni di cui si sta occupando”.

Il suo discorso, però, si fa quasi subito più generale. Rispetto a molti suo coetanei, per esempio, Kiro sembra nutrire molta più fiducia nei confronti dei giovani: “Non sono come noi - spiega - La mia generazione non aveva senso critico. Eravamo tutti cresciuti sotto il fascismo, che ci ha fatto il lavaggio del cervello, facendoci credere ciò in cui voleva che credessimo. Sono state le tragedie e i disastri della guerra ad aprire gli occhi a me e alla maggioranza degli italiani. In Val di Susa io e i miei futuri compagni partigiani ci siamo andati da balilla inesperti. Abbiamo dovuto cominciare di nuovo da zero, organizzarci. Ricordo di aver frequentato i primi corsi di storia, della vera storia, nelle baite di montagna”.

Dopo aver precisato che a lui “i movimenti giovanili fanno sempre piacere”, Kiro non risparmia però qualche critica agli studenti di oggi: “Nel ’68 il movimento studentesco aveva obbiettivi più ampi di quello di oggi. Non c’erano solo i problemi della scuola da risolvere, ma anche grandi questioni internazionali, come la guerra del Vietnam. Mio figlio, per esempio, partecipò alla marcia per la pace contro quella guerra. Era partito per andare a Milano un giorno solo, ma ritornò a casa dopo un mese. Nel frattempo ho dovuto raggiungerlo per portargli dei vestiti di ricambio”. E mentre lo dice si capisce che non gli è costato neanche un po’.

“Oggi - continua - ho l’impressione che gli studenti siano un po’ chiusi in se stessi. I bombardamenti sull’Iraq, per esempio, hanno fatto emergere ancora una volta la grande disunità dell’Europa, ma gli studenti su questo tema non hanno fatto sentire la loro opinione”. Un comportamento che, secondo Kiro, si può spiegare come conseguenza di quanto accaduto alla fine degli anni ’80, quando la caduta dei regimi comunisti ha rivelato la realtà, offuscando i miti e gli idoli in cui avevano creduto generazioni di persone, ma mettendo a nudo anche i limiti del sistema capitalistico. Di conseguenza, “gli studenti hanno abbandonato le grandi questioni ideologiche per dedicarsi a problemi più pratici”.

Ciò che rimane fondamentale, però, è “la salvaguardia della memoria storica”. Così anche Enrico Fogliazza, come il nipote Michele, avanza una richiesta al ministro Berlinguer. Una richiesta già formulata nel corso di una serie di incontri tenuti a Crotta d’Adda in ottobre, sul tema della prima e della seconda guerra mondiale: “C’è troppa ignoranza riguardo agli avvenimenti di questo secolo - spiega Kiro - Il ministro Berlinguer dovrebbe riempire questo preoccupante vuoto introducendo nelle nostre scuole l’insegnamento della storia del 1900. Come esistono associazioni di volontariato che si occupano di persone che soffrono di varie malattie, si dovrebbe inoltre far nascere un’associazione per la divulgazione e la conoscenza della memoria storica, senza la quale non ci può essere futuro”.

Proprio per contribuire alla salvaguardia della memoria storica, nel 1985 Kiro ha pubblicato un libro, “Deo ed i cento cremonesi in Val Susa”, in cui racconta la sua esperienza di partigiano. Un libro dedicato, tra gli altri, ai suoi nipoti e a tutti i giovani. Ma anche le pareti ed ogni arredo della sua casa trasudano di memoria storica, grazie agli innumerevoli dipinti ed alle sculture realizzate dalla moglie, Maria Pellini, nell’arco di 40 anni. Opere che riproducono con notevole efficacia visiva scene caratteristiche della guerra partigiana e della vita contadina. Un pezzo di passato che non esiste più, ma che vale la pena ricordare.

***

Deo e Michele, il sessantottino e lo studente della “Pantera”

Come il nonno, Michele Fogliazza, rappresentante d’istituto del liceo scientifico e protagonista dell’occupazione della scorsa settimana, liquida la questione della “famiglia di contestatori” con una battuta: “Un po’ di influenza su di me la mia famiglia l’avrà avuta senz’altro. In questo caso, però, loro mi hanno consigliato di non espormi troppo, ma io sento il bisogno di dire che non mi piace come vengono educati gli studenti”.

Come molti suoi coetanei, invece, mostra un approccio molto pragramatico rispetto ai problemi della scuola: “Prima delle riforme volevamo essere interpellati ed essere informati. Dopo le prime manifestazioni abbiamo dato una scadenza di 20 giorni prima di intraprendere nuove iniziative. Durante quel periodo non abbiamo ricevuto risposte soddisfacenti in merito alle questioni per cui ci battiamo: nuova maturità, parità scolastica, statuto degli studenti, così abbiamo deciso di scioperare. La decisione di occupare lo scientifico è stata presa perché è la scuola che ha aderito in modo più consistente alla protesta, ma siamo stati costretti ad occupare perché attraverso le altre forme di protesta non abbiamo ottenuto nulla”.

A differenza di molti suoi coetanei, Michele sfoggia anche una notevole abilità nell’affrontare le tematiche legate al mondo scolastico. Del resto, oltre che essere rappresentante dell’Aselli per il secondo anno consecutivo, è anche presidente del Comitato degli studenti, l’organismo non (ancora) riconosciuto ufficialmente che raggruppa tutti i rappresentanti d’istituto, e fa parte della Consulta degli studenti: “L’occupazione è stata sospesa perché vogliamo dare un’altra possibilità a Berlinguer di venire a Cremona. L’aveva già promesso in passato, ma poi non ha mantenuto la parola. Sabato scorso abbiamo incontrato il presidente della Provincia Corada, che si è offerto di fare da tramite con lui. Speriamo. Se Berlinguer non si presenterà neanche questa volta, vorrà dire che occuperemo il liceo di nuovo… La mia paura, però, è che tirino le cose per le lunghe fino a rendere inutile la protesta. Il nocciolo della questione è questo: le riforme hanno bisogno di tempo per essere assorbite. Occorre dare agli studenti l’opportunità di essere informati adeguatamente”.

Rifiuta ogni etichetta politica, Michele, che a questo proposito precisa: “Apprezziamo l’aiuto dei partiti, a patto però che non prendano il sopravvento sugli studenti. Da questo punto di vista, i blitz di Azione Giovani davanti alle scuole non sono stati corretti, perché sono stati organizzati all’insaputa della maggioranza degli studenti”. Respinte al mittente anche le accuse di verticismo e di accentramento del potere: “Nel Comitato degli studenti c’è spazio per tutti, non si tratta di un organo segreto”.

Tornando sul tema dell’occupazione dello scientifico, Michele sottolinea il modo in cui è avvenuta: “Siamo entrati a scuola la sera, poco prima della chiusura, e il preside e i professori sono stati ammessi all’interno. A differenza di quanto accaduto in altre città, non siamo partiti subito dall’occupazione, ma l’abbiamo attuata solo dopo che tutte le altre forme di protesta non avevano prodotto risultati. E tutto si è svolto in modo pacifico”.

Pacifico come un altro episodio raccontato dal padre di Michele, Deo, studente dell’Itis negli anni caldi della contestazione. Era il 20 novembre del 1968, e Deo si trovò alla testa di un corteo formato da circa 10mila studenti, che da piazza Roma attraversarono la città fino a giungere davanti al Provveditorato, dove fu accolta una loro delegazione. Mentre la riunione era ancora in corso, la polizia minacciò di disperdere la folla con la forza. Non fu necessario, però, perché Deo, che voleva evitare uno scontro violento tra gli studenti e le forze dell’ordine, con il megafono segnalò la fine della manifestazione.

***

Il 1968 a Cremona, tra slogan e cortei

E’ l’anno della contestazione giovanile. A maggio il movimento inizia nelle università di Parigi e in ottobre cominciano le prime iniziative a Cremona. Per la storia la data ufficiale delle agitazioni degli studenti medi superiori è quella del 5 ottobre 1968, quando nel “Salone dei mutilati” di via Beltrami avviene la prima assemblea del “Comitato di agitazione studentesco medio e universitario” del quale faceva parte Deo Fogliazza.

Il 9 novembre avviene una tavola rotonda presso l’Istituto magistrale organizzata dal giornale della scuola “Gruppo ’66”. Tre giorni dopo un’altra assemblea è organizzata al Cittanova. Ma la manifestazione più massiccia, con la presenza di oltre seimila studenti, avviene per le strade e le piazze del centro cittadino.

Si tratta di uno sciopero che dura due giorni, giovedì 21 e venerdì 22 novembre, attuato per rivendicare il diritto a convocarsi in assemblea. Il provveditore agli studi, Vero Grimaldi, dopo essersi consultato con i presidi dei vari istituti, accoglie la richiesta studentesca e concede l’assemblea.

Articolo pubblicato il 21 dicembre 1998 su Nuova Cronaca

Archiviato in Guerra e pace, Interviste, Società, Storia

www.ramella.org/1998/12/21/i-fogliazza-tre-generazioni-di-contestatori/ 


       CommentoFonte fusiorari.org



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