15 Settembre, 2002 Turchia: a che punto la questione curda? Un bilancio nell’intervista al sociologo Mesut Yegen
Fabio Salomoni per Osservatorio sui Balcani
Mesut Yegen insegna sociologia alla Middle East Technical University di
Ankara. Con lui tentiamo un bilancio dello stato della questione curda a quasi
due mesi dal viaggio di Erdogan a Diyarbakir. Un'intervista
Possiamo cominciare dal viaggio a Diyarbakir di Erdogan, cercarne di farne
una valutazione, perché ci è andato?
La mia interpretazione è questa: per quanto ho potuto comprendere, all'inizio
di questa estate tutti i principali attori coinvolti nella questione curda, lo
stato turco, gli USA, Barzani e Talebani, PKK (Partito dei Lavoratori del
Kurdistan) e DEHAP (Partito Democratico del Popolo), hanno modificato la loro
posizione. In precedenza, a partire dall'arresto di Ocalan e dal cessate il
fuoco proclamato dal PKK, si era formato una sorta di status quo non detto. A
partire da maggio sono arrivati segnali che questo status quo si stava
incrinando.
Ciascuno di questi attori ha perciò sentito il bisogno di modificare la propria
posizione. Ad esempio il PKK ha annunciato la ripresa delle armi. Perché lo
abbia ha fatto non lo so,.......quello che è evidente che dal mese di maggio
abbiamo assistito ad un cambiamento di posizione degli attori principali Erdogan
è andato a Dyarbakir ed ha fatto una dichiarazione importante, cruciale, si
perché è indubbio che si sia trattato di una dichiarazione importante, la
prima nella storia della Turchia. Importante non perché ha riconosciuto i curdi
ma perchè ha riconosciuto l'esistenza di un problema curdo ed anche gli errori
che lo stato ha commesso in passato, sono due le dimensioni importanti. Rispetto
a quanto fatto in passato da Demirel che aveva riconosciuto la realtà curda
sono differenze cruciali.
Perché lo ha fatto? Credo che da parte di Erdogan ed anche di settori
importanti dell'apparato statale ci sia stata la consapevolezza che la questione
curda si stesse approfondendo, che stessero crescendo e rafforzandosi le
possibilità di uno scontro etnico e del pericolo che esso rappresenta.. Lo si
può dedurre non solamente dalle parole di Erdogan ma anche da quelle del
generale Ozkok, Capo di Stato Maggiore e del Presidente della Repubblica Sezer:
c'è il rischio di uno scontro etnico generalizzato e questa è una cosa
estremamente negativa. E' anche evidente che esiste un settore che vorrebbe
questo tipo di scontro etnico, che vorrebbe usare questa possibilità per
fermare il percorso di integrazione europea del paese. L'esistenza di questo
settore è apertamente dimostrata dal fatto che hanno cominciato a circolare
avvertimenti del tipo "Attenzione anche da noi può sbucare un
Milosevic".
Dietro il viaggio di Erdogan ci sono quindi motivazioni di ordine nazionale ed
internazionale: cambiano le posizioni degli attori coinvolti e cresce la
possibilità di uno scontro etnico. Fino allo scorso agosto Erdogan aveva mantenuto un atteggiamento molto più
defilato, prudente sulla questione curda.... Anzi aveva assunto posizioni anche più conservatrici, più primitive, per
esempio in occasione di un viaggio in Russia facendo affermazioni del tipo
" Se si dice che un problema non esiste, semplicemente non esiste".
Certo se il cambiamento è solo frutto di un ripensamento personale oppure se in
esso hanno influito l'attivismo ed i progetti americani sulla regione od altro
ancora, questo non lo so dire. Tutto è possibile Il viaggio di Dyarbakir aveva creato un clima di ottimismo e di grandi
aspettative. Ed invece, all'improvviso la violenza come codice prevalente di
comunicazione politica è tornata a farsi sentire, esplsione di mine, operazioni
militari, morti, funerali, rabbia....cosa è successo? Io credo che se noi confrontimo il significato che alcuni termini, scontro,
cessate il fuoco, assumono in Turchia, con parametri europei non capiremo gran
che. Ad esempio in Spagna la questione del cessate in fuoco dell'Eta oppure in
Irlanda dell'Ira si muove su di un piano molto reale. Io credo che in Turchia al
di là della realtà concreta sia importante dichiarare le intenzioni, è
importante farle conoscere: certo gli scontri e le operazioni militari possono
continuare ma le intenzioni sono state apertamente dichiarate. Io la vedo in
questo modo: il PKK , nonostante il perdurare degli scontri, ha dichiarato
apertamente: io posso fermare gli scontri, come intenzione. Il problema più
importante sta all'interno dello stato: c'è un settore che vuole arrivare ad
uno scontro frontale continuando le operazioni militari. C'è un'altra parte
però, e lo vedo nelle dichiarazioni del Presidente Sezer, che ha molto
chiaramente presente la possibilità di uno scontro etnico ed anche della sua
insostenibilità per il paese.
Questa è un elemento molto importante perchè fino ad oggi nella questione
curda l'approccio dominante è stato quello di essere pronti ad affrontare lo
scontro, qualunque fosse il prezzo. Credo quindi che sia necessario guardare
alle intenzioni. Certo il PKK ha dichiarato il cessate il fuoco ma continua
negli scontri, ma ha prolungato il cessate il fuoco fino al 3 ottobre.
Nonostante gli scontri continuino, credo si sia entrati in una logica del
cessate il fuoco. Lei recentemente ha scritto della necessità di dare vita ad un nuovo
linguaggio politico, lontano da quello del PKK. A cosa faceva riferimento? Quello che ho voluto dire è questa: la questione curda, come questione
politica e sociale, si trova imprigionata da tempo in una logica perversa, una
logica che vede il problema curdo come parte di un complotto internazionale,
come parte di un complotto ordito dall'Europa sotto la maschera della
democratizzazione. Questa situazione ha reso più difficile il compito per i
curdi. Questa logica del complotto potrebbe continuare per anni ma io credo che
non si debba perdere tempo intorno a queste cose, credo che esisterà sempre uno
spazio per questo genere di atteggiamenti e non possiamo farci niente. Di fronte
a questa realtà l'unica via di uscita è ricodificare la questione curda nei
termini della questione democratica, è necessario pensarla come parte del
processo di democratizzazione della Turchia e credere che si possa risolvere
all'interno del processo europeo. Per quanto riguarda il movimento curdo credo
debbano essere questi i punti base per un programma politico: il problema curdo
è un problema della democratizzazione della Turchia, che non mira a modificare
i confini politici. Bisogna dichiarare apertamente che si è rinunciato a
costruire uno stato diverso, non è probabilmente mai stata questione ma bisogna
sgombrare il campo dalle ambiguità e dagli equivoci.
Stabiliti questi punti io penso si debba andare anche oltre, essere più
radicali: muoversi per rafforzare le amministrazioni locali, arrivare all'uso
del curdo nell'insegnamento, chiarire che il popolo della Repubblica turca non
è omogeneo. Quello che in sostanza voglio dire è che le opposizioni curde
devono accettare di fare politica all'interno delle norme delle democrazie
occidentali, europee. Da molto tempo la politica curda, soprattutto negli ultimi
15 anni con le azioni del PKK si è in qualche modo
"medio-orientalizzata". E' ora che essa si appropri dell'eredità
politica europea. Chi, all'interno del mondo politico curdo, è in grado di guidare una
trasformazione in questo senso? Intanto io credo che sia evidente l'impossibilità di recidere i legami con
il PKK. Invece ci si deve convincere della necessità di
"politicizzare" il PKK, di attirarlo cioè nella sfera della politica,
farne un attore del processo di democratizzazione. Insieme a questo credo sia
importante l'azione della sinistra turca, nel favorire questo processo. Un altro
elemento prioritario è la riforma del sistema elettorale e dello sbarramento
del 10% per l'ingresso al parlamento, questo per permettere che ci siano anche
le voci curde a discutere della questione curda, per dimostrare l'accettazione
di queste voci. Lei crede che l'AKP da solo riesca a fare fronte al compito di affrontare la
questione curda, oppure si rende necessario un fronte più ampio? No, non credo sia possibile. Se all'interno del CHP crescesse l'opposizione
di sinistra in grado di creare una politica alternativa rispetto a quella della
leadership attuale oppure un nuovo partito, allora credo potrebbero essere
d'aiuto e rafforzare l'opera di Erdogan. Non credo che l'AKP ce la possa fare da
solo, al contrario rischia di rimanere schiacciato da questo compito. Le sue
possibilità di riuscita sono legate poi da un lato al discorso europeo, se le
cose si mettessero al meglio su questo fronte anche il partito si potrebbe
rafforzare e dall'altro alla possibilità che il movimento curdo confluisca nel
movimento socialdemocratico del paese. Per quanto riguarda il PKK, è realmente in grado di compiere questa
mutazione? Credo che lo possa fare, anche perché credo che il PKK come attore
regionale non abbia futuro, sempre che gli Stati Uniti non abbiamo altri
progetti segreti su di esso.e questo non lo possiamo sapere. Per il momento
credo che per un organizzazione come il PKK sul lungo periodo non ci sia posto
nel Medio-Oriente.
Certo in Turchia non ci sono esperienze precedenti di legalizzazione di
organizzazioni para-militari ma credo ci si possa riuscire. Magari con un
condono, che non comprendesse i più alti dirigenti dell'organizzazione, credo
che questa potrebbe essere una strada percorribile per la Turchia. Un condono
generalizzato invece che coinvolga anche Ocalan credo sia impensabile. Gli ultimi avvenimenti però farebbero pensare che il PKK sia invece
impegnato proprio su questo fronte.. E' vero. Ci sono due possibilità: la prima è che il PKK si sia staccato
dalla questione curda e sia completamente impegnato nella questione Ocalan,
questo è possibile. Se così fosse sarebbe una situazione tragica, un
organizzazione che dice di agire in nome del popolo curdo spende tutte le sue
energie per vedere riconosciuto il ruolo di unico rappresentante al suo leader
in carcere. Io credo però che se il PKK insistesse su questa strada, spero non
sia così, ad impegnare le sue energie su questo obbiettivo, arriverebbe ad
allontarsi dalla questione curda. Negli ultimi 5/6 anni il PKK non ha
organizzato nessuna inziativa, per esempio in difesa dei diritti elementari dei
curdi, per questo io credo che se dovesse insistere sulla carta Ocalan si
troverebbe nel lungo periodo in una situazione di isolamento. Abbiamo parlato dei compiti che spettano alla politica. Per quanto riguarda
le responsabilità dello stato? Credo che i principali partiti politici, alcune organizzazioni come la
TUSIAD (Confindustria), i sindacati, ed anche lo stato maggiore debbano fare una
dichiarazione di questo tipo, così come ha fatto Erdogan: esiste una questione
curda e la risolveremo. Se il cuore dello stato facesse questo tipo di
dichiarazione sarebbe sufficiente a far scendere la tensione, perchè darebbe un
messaggio ai curdi e soprattutto ai turchi, perchè ritengo che il messaggio
più urgente lo si debba mandare ai turchi: non c'è bisogno di preoccuparsi, la
questione curda è una questione che si può risolvere senza sconvolgere il
paese, questo genere di messaggi deve mandare lo stato. Se non sbaglio la TUSIAD ha appoggiato il discorso di Erdogan a Dyarbakir.. Certo ed è importante che questo appoggio si allarghi, coinvolgendo anche i
sindacati per esempio, è questa la strada. Anche l'Unione Europea poi dovrebbe
dichiarare che la questione curda è la questione della democrazia e si può
risolvere in questo quadro, magari offrendo il proprio sostegno politico e
economico. Appunto, il ruolo dell UE.... Sappiamo che la UE non dispone di una soluzione per risolvere questo
problema, ma per quanto posso vedere la UE in ogni paese crea le condizioni
oppure si adopera per farlo, per la discussione ed il dibattito su questioni di
questo tipo, etno-politico, in Romania, in Bulgaria. La UE spinge perché le
questioni vengano a galla e poi ogni paese in base alle proprie tradizioni
politiche, alle condizioni storiche trova una soluzione. Se la UE desse un
appoggio solo a questo livello io credo basterebbe per far scendere la tensione Ha scritto che l'adesione alla UE costituisce una seconda imperdibile
occasione per la democratizzazione del paese, persa quella degli anni ‘70 con
il governo Ecevit... Assolutamente si, di più credo che se la UE non avesse gettato l'ancora
sulle coste turche ora la Turchia non sarebbe altro che un gendarme degli Stati
Uniti nella regione, altro non potrebbe essere. Sarebbe guidata da un elite più
autoritaria e conservatrice. Nel breve periodo quali novità ci potrebbe essere sulla questione curda? In primo luogo novità sul fronte della legalizzazione del PKK, poi con i
fondi della UE un lento miglioramento della situazione del Sud-Est, delle
condizioni economiche, del mercato del lavoro. Infine si tornerà a parlare dei
diritti culturali e della questione dell'istruzione in lingua curda. Si riparlerà quindi dell'uso del curdo nelle scuole? Sicuramente, del resto non sarebbe possibile altrimenti secondo me. Il
dibattito sulla questione curda si farà delicato proprio sul tema
dell'istruzione nella lingua madre, e non sulla questione dei confini o
dell'autonomia delle amministrazioni locali. Il problema delicato, vero, è
l'istruzione in curdo. Ma quali sono le rivendicazioni del movimento curdo? Questa è una domanda importante. In questo senso né il PKK né il DEHAP ci
aiutano molto a capire. Noi non sappiamo nulla di quello che vogliono i curdi,
hanno di solito assunto un atteggiamento pragmatico, a volte hanno parlato di
autonomia politica totale, altre volte hanno criticato il kemalismo, di
confederazione...... Hanno un programma politico? No, purtroppo no e quando parlavo della necessità di attirare la politica
curda nell'alveo della tradizione europea, di questo parlavo. I curdi devono,
scegliendo la forma del partito, della conferenza o altro, avere la possibilità
di discutere di che cosa vogliono e di farlo liberamente.
In questo caso io credo che l'opzione della separazione raccoglierebbe ben pochi
consensi e per molteplici ragioni: l'integrazione economica in corso tra le
diverse regioni del paese, l'elemento islamico comune, la presenza massiccia di
comunità curde nelle regioni occidentali, per tutte queste ragioni credo che la
richiesta della separazione non troverebbe molti sostenitori. Credo anche però
che per risolvere la questione curda non sia sufficiente un riconoscimento sul
piano dei diritti individuali. Secondo me, la soluzione passa solo attraverso il
riconoscimento di diritti a livello collettivo. Sarò più chiaro, dichiarare ed
accettare che i curdi sono un popolo diverso, che i curdi sono diversi dai
turchi, che non gli assomigliano, questo bisogna accettare. E credo che un passo
simile non sia troppo difficile. Se poi si eliminassero completamente gli
ostacoli alle trasmissioni radio-televisive in curdo, non un'ora alla settimana
come accade ora, si lasciassero le radio-televisioni locali trasmettere
liberamente e si rendesse praticabile la strada dell'istruzione in curdo, allora
questi sarebbero passi che credo possano far abbassare la tensione e rafforzare
l'integrazione tra turchi e curdi. A proposito della debolezza programmatica, è un elemento che colpisce, a
volte sembra che il movimento curdo si muova ancora nel solco della tradizione
della rivolta... Si, purtroppo è così. Ha realizzato una sintesi tra le forme di guerriglia
di stampo sudamericano e le antiche rivolte curde. Veramente, in 15/20 anni non
si è prodotto nemmeno un vero patrimonio intellettuale. Per esempio la
questione dell'istruzione nella lingua madre: vogliamo l'uso del curdo per i
nostri figli alla scuola materna, fino all'università oppure solo
all'università? Sono tutte cose che si possono e devono discutere...Una
debolezza programmatica che non è legata solamente alle pressioni subite ma
fondamentalmente legata alla responsabilità dei politici curdi che nei rapporti
tra politica e democrazia hanno spesso usato una retorica fondata sul
pragmatismo, manca un solido approccio democratico. Certo non bisogna
dimenticare le difficili condizioni economiche, sociali, il basso livello di
istruzione della popolazione curda ma anche tra chi ha un alto livello
d'istruzione e fa politica la relazione tra politica e democrazia sembra avere
un carattere strumentale. Infine la rottura con la sinistra turca ha indebolito
il movimento curdo, certo una sinistra che attualmente non se la passa molto
bene, ma nel passato aveva avuto un ruolo importante.
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