Gentili Signori di WELFARE CREMONA
Ho il piacere di leggere, su sua gentile segnalazione, qualche intervento di 
Massimo Negri di Casalmaggiore, con cui mi confronto periodicamente su aspetti 
più di economia che di politica, a casa di sua suocera, zia di mia moglie, 
abbiamo la fortuna di avere sposato due cugine.
Mi considero un suo amico e sono convinto di essere considerato tale anche da 
Lui.
Un paio di sue riflessioni, sull’incontro con Giampaolo Pansa, “sconosciuto 
45” nello scritto datato 13 febbraio u. s., mi hanno lasciato molto perplesso 
sulle conoscenze storiche, sulla interpretazione delle medesime, della 
generazione di Massimo e per le loro posizioni giacobine.
Premesso che, nato in provincia di Reggio Emilia agli inizi della seconda 
guerra mondiale, sono a sostenere che Giampaolo Pansa non ha scoperto nulla, 
perché chi voleva poteva sapere infatti, a me con i suoi libri, lo scrittore non 
ha rivelato nulla che, nel merito, io non sapessi già. 
Sicuramente egli, Giampaolo Pansa, ha autorità e autorevolezza per parlare ed 
essere ascoltato da tutti.
Le affermazioni motivo delle mie perplessità sono due:
a) per quanto riguarda i fatti elencati dallo scrittore, Massimo liquida le 
cose avvenute come “storie atroci, violente, operate da una minoranza di 
partigiani”. No caro Massimo, è giusto anche dire che a monte di quelle 
operazioni c’era da parte dei vertici del partito comunista e quindi delle 
brigate Garibaldi, e non solo dei vertici, un metodo strategico chiaro e 
determinato: l’eliminazione fisica di tutti coloro che avrebbero potuto 
ostacolare l’ascesa al potere di un governo popolare, socialista di impronta 
sovietica. 
Scelta poi superata dalle scelte di Stalin a Yalta e eseguita in Italia da 
Palmiro Togliatti. Scelta non condivisa da buona parte dell’apparato del PCI 
militante, che rimase sempre vigile e pronto, fino agli anni 60. 
Infatti, non ricordo se fu Franceschini o Gallinari brigatisti rossi, che 
affermò nelle dichiarazioni rese alla polizia, che la prima arma avuto gliela 
diede un vecchio partigiano delle brigate Garibaldi, ex gap o sap operante in 
zona Reggio Emilia.
Quanto sopra, se vogliamo arrivare ad una memoria condivisa, come auspica il 
Presidente Ciampi, dovremmo dirlo e riconoscerlo.
Non ho ancora ascoltato da parte di un qualche ex comunista un “abbiamo 
sbagliato, abbiamo perseguito un ideale sbagliato, meno male che non abbiamo 
vinto”. Non l’ho mai sentito dire da alcuno.
b) l’altra dichiarazione che mi ha sorpreso, nel Massimo che credo di 
conoscere, è la chiusura totale verso coloro, a quel tempo giovani che, con la 
testa piena del mito di Roma, dell’Impero, dell’onore, della fedeltà all’impegno 
della parola data, del diritto al posto al sole, sono andati a combattere ed a 
vestire l’uniforme della RSI dopo l’armistizio dell’otto settembre. 
Caro Massimo a costoro, da parte dei democratici usciti vincitori, grazie 
agli Alleati, dalla guerra civile è stata tolta la dignità e sono stati 
emarginati per oltre cinquanta anni. Non lo meritano. Il nome della loro 
militanza, “fascista”, è stato nel primo dopoguerra e negli anni settanta anche, 
motivo di esclusione se non addirittura di licenza di essere uccisi: sta 
attualmente emergendo tutta una letteratura in proposito.
Aggiungo che questo argomento è, periodicamente, motivo di confronto con il 
mio Sindaco al quale, da qualche anno a questa parte, agli inizi del mese di 
aprile propongo, per la festa del 25 aprile, di avere il coraggio, in nome della 
pacificazione nazionale, di considerare tale ricorrenza come la fine della 
guerra civile, la pace e l’inizio della storia democratica della nostra Patria.
Il mio Sindaco, almeno finora, è fermo, rigido su posizioni simili a quelle 
espresse da te Massimo. 
Però ripeto ed insisto è ora di ridare dignità civile a persone che hanno la 
sola colpa di avere creduto in valori che personalmente ritengo ancora alti e 
degni di essere affermati: Dio, Patria, Famiglia, Democrazia, Fedeltà e concetto 
della responsabilità individuale.
Mi auguro che questa lettera sia sicuramente oggetto di confronto e di 
ulteriore riflessione da parte non solo di Massimo ma anche di altri lettori.
Il mondo non è solo bianco o nero, c’è anche il grigio…in tante tonalità.
Cordiali saluti a tutti
Virginio Minari – Monticelli Terme Parma
05 marzo 2006
"Sconosciuto 1945 ..." - Risposta a Virginio Minari
Cari amici di Welfare Cremona,
alla botta ricevuta da Virginio Minari, che ringrazio per l' attenzione, 
fornisco una risposta che spero sia altrettanto efficace e pur consapevole del 
fatto che, mentre tra di noi c' è accordo privato sul giudizio della fortuna che 
abbiamo avuto di sposare due straordinarie cugine, rimane il dissenso pubblico 
su una valutazione storica che ci vede su fronti opposti. Ritengo tuttavia che 
il confronto sia sempre utile e accarezzo l'idea di collocarlo nel cesto dei 
frutti di una democrazia matura dove non vi sono argomenti tabù e la discussione 
procede libera e serena. L' obiettivo, per me, non è pervenire a una impossibile 
memoria condivisa quanto, piuttosto, educarsi al rispetto delle varie memorie 
che, in ultima analisi, credo voglia dire rispettare il vissuto anche tragico di 
molte persone che hanno avuto la sventura di un destino segnato da un' epoca 
storica in cui prevalevano in Europa le dittature e i conflitti bellici. 
In tale spirito sono convinto che dare, per esempio, oggi la parola ai vinti 
di ieri aiuti a completare l’autobiografia della nazione e a mettere, per 
riprendere la felice espressione di Alberto Arbasino, "una pietra sugli odi e i 
rinfacci".
Detto questo, lo scopo dello studio e della revisione della storia penso sia 
quello di far luce sul passato per leggerlo con occhi più disincantati, 
individuarne gli errori, correggerli per non rischiare di ripeterli. E, dunque, 
per tornare allo specifico, mentre per parte mia ribadisco la condanna delle 
violenze compiute da una minoranza di partigiani dopo il 1945, confermo il 
rifiuto del "chapeau verso gli ex-repubblichini di Salò, schierati a fianco 
della Germania nazista". Un torto che nessun richiamo ideale, pur abbracciato da 
alcuni giovani in buona fede, può trasformare in ragione.
Se devo alzare il cappello lo faccio, invece, nei confronti di Gianfranco 
Fini che già al congresso-svolta di AN a Fiuggi nel 1995 ha sostenuto che "l' 
antifascismo fu il momento storicamente necessario per il ritorno dei valori 
democratici che il fascismo aveva conculcato". 
Un ultimo pensiero, guardando avanti e in positivo. 
Scrivo una nota di merito per i passi che Fini sta compiendo (forse un po' in 
solitudine) per ridare al concetto di "destra storica" - di origine 
risorgimentale - quella credibilità politica che il Ventennio gli ha tolto. Un 
cammino verso una destra conservatrice di stampo europeo che è però a metà del 
guado, com' è del resto visibile dal permanere nel simbolo di AN della fiamma 
del MSI. 
Un fortunato libricino di Norberto Bobbio ha per titolo "Destra e Sinistra" (Ed. 
Donzelli).
Se vogliamo costruire una efficiente democrazia bipolare c' è bisogno, nella 
stessa misura, di una buona destra e di una buona sinistra che, in nome di 
valori diversi ma rispettose delle regole comuni sancite dalla Costituzione 
Repubblicana, competano lealmente, per il consenso e, si auspica, per il bene 
soprattutto delle generazioni future.
Cordiali saluti
Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)