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 Il Punto

15 Settembre, 2002
A Cremona si arriverà a 7 milioni di ore di cassa integrazione. di G.C.Storti
I lavoratori coinvolti sono 3000 delle piccole aziende ( con cassa in deroga) e 4000 con cassa integrazione ordinaria

Cassa integrazione nella provincia di Cremona. Si arriverà a 7 milioni di ore di cassa integrazione.
I lavoratori coinvolti sono 3000 delle piccole aziende ( con cassa in deroga) e 4000 con cassa integrazione ordinaria
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I dati delle organizzazioni sindacali sono concordi nel delineare per la provincia di Cremona una situazione drammatica.
L’uso della cassa integrazione nella provincia di Cremona arriverà a 7 milioni di ore.
I lavoratori coinvolti sono 3000 delle piccole aziende ( con cassa in deroga) e 4000 con cassa integrazione ordinaria
I lavoratori espulsi dal processo produttivo sono gli over 50 e gli extracomunitari. I lavoratori che non riescono ad entrare nel mercato del lavoro sono i giovani.
Aumentano le tensioni, si allarga la fascia di povertà in maniera consistente .
I lavoratori extracomunitari espulsi dal processo produttivo poi finiscono a lavorare in condizioni di sfruttamento e di clandestinità e i giovani, mentre aumentano le discriminazioni e gli atteggiamenti razzisti da parte anche della popolazione autoctona.
La crisi quindi non è finita.
Se è vero che nel 2010 il Pil aumenterà di circa l’1% è altrettanto certo che la disoccupazione aumenterà ancora.
In questi due anni di crisi l’economia ha perso circa il 5-6% di PIL.
L'eredità della crisi è pesantissima.
Infatti nel 2009 il Pil pro-capite italiano è sceso al livello del 1999
Resta del resto un debito pubblico stellare…
L’Italia nel 2011 registrerà un rapporto preoccupante (117,8, +14 punti rispetto a quello del 2007.
Insomma con questi andamenti di crescita ( circa 1% di aumento del PIL all’anno) il nostro Paese riuscirà a raggiungere gli stessi valori del PIL fra 6 o 7 anni.
E nel frattempo?
Ma come si esce dalla crisi? E Cremona?
In termini generali si esce i due modi:
--difesa del posto di lavoro garantendo gli ammortizzatori sociali;
--azione forte di sviluppo.
E i “fortunati” che riescono a “godere” dei benefici degli ammortizzatori sociali hanno comunque una perdita secca della loro capacità di acquisto fra una percentuale che oscilla fra il 20-30%
E per gli altri sarà peggio. Questo significa che il sistema si assesterà i su due piani:
- da un lato per mantenere le famiglie si avrà un drastica diminuzione dei consumi con effetti prevedibilmente negativi sul commercio;
- dall’altro il tentativo di ricercare ulteriori forme di reddito lavorando in nero.
Per gli uni e per gli altri si va verso comunque un ulteriore impoverimento di fasce sociali molto ampie.
Insomma essere operaio in cassa è l’equivalente di essere povero.
Del resto fanno bene le organizzazioni sindacali a chiedere che il finanziamento degli ammortizzatori continui. Ci mancherebbe altro !!!
Il lavoratore va tenuto legato all’azienda anche se in termini generali si pone il problema sociale se e come impegnare i lavoratori in cassa integrazione .
Alcune ipotesi del passato che vanno sotto il nome di “ lavori socialmente utili” non sono state molto positive.
Sicuramente però si pone anche il problema sociale di fare in modo che queste persone in carne ed ossa non stiano per molto tempo fuori dai processi e dalla vita sociale.
La destra punta il dito come se questi lavoratori fossero dei “ magiapane a tradimento” stimolando anche sentimenti xenofobi…e sostenendo “ ideologicamente” la teoria che i primi che debbono essere espulsi dai processi lavorativo debbono essere gli extracomunitari ecc.
Per fortuna che la rete della solidarietà è ancora ampia e va dalla strutture della Chiesa , con la Caritas in prima fila ed alle molte organizzazioni di volontariato.
Debole però è la riflessione , anche del centro-sinistra, su come mantenere inseriti nel contesto sociale queste migliaia di persone.
Difficile quindi capire come se ne esce. La certezza è che la politica del Governo non sia con vigore rivolta a sostenere lo sviluppo ma ferma ad una idea di galleggiamento che in qualche modo ridurrà le aree di crisi ecc.
Alcuni pronosticano che sarà la scelta del nucleare a rilanciare il nostro paese .
Ma chissà !!
Ed a Cremona?
Lodevole è lo sforzo dei sindacati Cgil-Cisl-Uil che su questi punti hanno una visione unitaria di chiedere alle istituzioni locali uno sforzo per costruire azioni di sviluppo
La giunta Salini, impegnata a dare di sé un’immagine di discontinuità, ha cancellato il lavoro fatto con il Patto dello sviluppo.
Gli incontri continuano ma i risultati non si vedono.
Del resto i sindacati fanno bene a tenere alto il confronto su due aziende: Tamoli ed Arvedi
Entrambe possono rappresentare una cerniera importante della nostra economia che ormai non ha più nulla della tradizione agro-alimentare: la Tamoil con il mantenimento della sua rete di occupati e la Arvedi con le sua prospettiva di nuova occupazione semi qualificata.
Per entrambi i casi è necessario coniugare lo sviluppo all’ambiente. Ma queste sono le sfide dell’oggi che una comunità deve saper vincere.

Gian Carlo Storti
storti@welfareitalia.it

Cremona 19 gennaio 2010

 


       



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