15 Settembre, 2002
LA CASCINA: UN MONDO SCOMPARSO ( di Mario Superti)
Chi ha una certa età non può dimenticare la vita che si svolgeva nell’ambito degli ambienti rurali almeno fino agli anni ’70
LA CASCINA: UN MONDO SCOMPARSO ( di Mario
Superti)
Chi ha una certa età non può dimenticare
la vita che si svolgeva nell’ambito degli
ambienti rurali almeno fino agli anni ’70.
La cascina era spesso un agglomerato rurale
che aveva una sua e ben definita identità
umana ed anche culturale.
La vita rispecchiava anche un comportamento
sociale di rilievo e che ha lasciato profonde
tracce nelle menti di tutti i suoi componenti
umani : dipendenti e padroni.
La cascina era spesso teatro di conflitti
sociali,locali ma che avevano risvolti anche
più generalizzati provenienti anche dal mondo
della “fabbrica”.
Tuttavia le due culture pur avendo origini
e motivazioni diverse non hanno mai disdegnato
di confrontarsi e a volte fondersi in comportamenti
ideologici unitari con lo scopo di difendere
la qualità della vita all’interno delle piccole
o grandi realtà.
Il sindacato ha svolto una sua funzione primaria
.
A quel tempo nel mondo sindacale operavano
personaggi di rilievo e di grande coraggio
: non hanno mai beneficiato dei vantaggi
connessi alla “appartenenza”, anzi spesso
hanno pagato caro il loro impegno sociale.
I partiti hanno svolto una loro funzione
anche con grandi contrasti di natura ideologica,
ma hanno avuto sempre ben presente la finalità
del loro operare : rendere la vita del lavoratore
più rispettata e degna di essere vissuta.
Ma tornando allo specifico tema , chi ha
vissuto quei tempi sa bene che la cascina
era un microcosmo quasi sempre del tutto
autonomo e con regole mai scritte ma molto
rigide.
L’origine della struttura risale al XVI secolo
ed in certi casi , per i beni più ben conservati,
rispecchia ancora l’impianto architettonico
dato dai dominatori del tempo : casa padronale,
bene in evidenza,case coloniche ai lati della
struttura, stalle, fienili, depositi vari
in fondo al complesso ( la casa del fattore
era spesso sistemata non lontano dalla casa
padronale ma vicino alle case dei contadini).
Nel nostro caso si trattava del “fatur de
tecc” ben distinto dal “fatur de bac” che
proveniva dall’esterno.
Il padrone quindi dava le direttive al suo
interlocutore diretto.
Il fattore , tutti i giorni , organizzava
il lavoro nei campi e nelle stalle(altro
microcosmo nel microcosmo) e perciò dava
gli ordini necessari alla esecuzione dei
lavori connessi alla produzione agricola
( latte,carne,prodotti dei campi).
Con andamento stagionale , nel lavoro dei
campi venivano coinvolte anche le componenti
femminili delle famiglie contadine:
si trattava di seguire e portare a termine
le colture del grano o altri prodotti specifici.
Il tutto con contratti verbali fra le parti
e con pagamenti “in natura” spesso di basso
ritorno remunerativo, nonostante le lavorazioni
comportassero un impegno ed un disagio fisico
veramente elevato.
Nella realtà della cascina era spesso presente
la possibilità, per il contadino, di avere
un piccolo spazio di terreno da condurre
in proprio a colture di ortaggi e frutta.
Chi aveva questa possibilità , nel tempo,
acquisiva una notevole “cultura” in una materia
che ora fa parte anche di cattedre universitarie.
Grande “piccola” realtà , che insieme alla
possibilità di allevare qualche animale da
cortile dava sollievo alle magre retribuzioni
del tempo.
Qualche fortunato aveva anche la possibilità
di allevare un maiale e beneficiare di un
apporto proteico non di poco conto per gli
standard dell’epoca: non di rado l’allevamento
del maiale veniva condotto in comproprietà.
Ma tutto questo era normale e la disciplina
era una regola che non era lecito infrangere
senza dover subire i provvedimenti del padrone
alla fine anno ( in agricoltura l’11 novembre
di ogni anno).
Ma ciò che non era normale era il comportamento
di alcuni padroni che a sera , verso le 8
o le nove al massimo, provvedeva a chiudere
a chiave il portone di accesso alla cascina(
pochi erano in possesso delle chiavi).
Si salvavano alcune realtà dislocate nei
contesti di un paese abitato e più difficili
da controllare.
Tuttavia nella mia mente di bambino sono
ancora presenti i comportamenti di solidarietà
all’interno di queste realtà.
Fra tutti i componenti ( a volte anche i
padroni) era costume scambiarsi anche il
vestiario dei bambini, allorquando al donatore
non servivano più ed al beneficiario servivano
per un piccolo da poco venuto alla luce.
Nessuno si è mai vergognato di tanto : in
quel mondo non si è mai sprecato nulla per
il semplice fatto che non c’era proprio nulla
da sprecare.
La nostra gente ha allevato figli che hanno
mantenuto quel costume di vita ed ha dimostrato
di poter sopravvivere anche in condizioni
difficili.
Lo hanno dimostrato soprattutto le madri,
che , in tempo di guerra,hanno saputo condurre
una vita famigliare piena di stenti ma con
grande e assoluta dignità umana.
A loro per prime , ma in uno con tutti i
protagonisti delle realtà della “cascina”
, va il nostro tributo di memoria e riconoscenza.
Cordialità e buon lavoro.
MARIO SUPERTI
CREMONA
 
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