I santi, prima di diventare santini in vendita per l’assoluzione dai
peccati, erano – semplicemente – testimoni di una irrinunciabile fede
pagata con il martirio. Chi sono, dunque, coloro che hanno pagato con la vita la
loro irrinunciabile fede in una “Utopia” – patria di Giustizia? Don
Luisito Bianchi parla di martiri, del “sangue gratuitamente versato
dei nostri martiri” morti nella lotta antifascista e liberatoria. Ignazio
Buttitta così diceva del bracciante Salvatore Carnevale, ucciso durante una
manifestazione in quel di Sciara, vicino a Palermo, il 16 maggio 1955:
Angelu era e nun avia ali,
santu nun era e miraculu facia,
‘n celu acchianava senza cordi e scali
e senza pedamenti nni scinnia;
era l’amuri la só capitali
e sta ricchizza a tutti la spartia:
Turiddu Carnivali nnuminatu…
e comu Cristu mortu ammazzatu!
Cristu di ‘n celu lu benediciu…
Cci dissi: “Figghiu tu mori ammazzatu; a Sciara,
li patruni, armi dannati, ammazzanu a cu voli libertati!”
Lamentu per la morte di Turiddu Carnivali noi – qualche centinaio di
fortunati – l’abbiamo sentito in una interpretazione storica, sull’aia
dell’Istituto De Martino, a Sesto Fiorentino. Era il 17 maggio 2003; non era
un anniversario con lo zero finale – cerchietto magico delle commemorazioni.
Ma un giorno solo era passato dal 16 maggio e la voce di Carlo Muratori –
canta-storie di ieri e di oggi – ha inciso nella nostra memoria quando “l’arba
ncelu luci e lu casteddu àutu di Sciara taliava lu mari chi straluci comu n’artaru
supra di ‘na vara…”
“In occasione del 50° anniversario dell’assassinio, la Fondazione
Giuseppe Di Vittorio, lo SPI-CGIL Progetto Memoria, la CGIL di Roma e del Lazio,
l’Associazione Artistica Mana Chuma Teatro, organizzano una giornata dedicata
alla sua figura.“ – così recita il comunicato stampa della Cgil. Il
bracciante siciliano ricordato in un teatro di Roma. Il mondo del teatro, del
cinema, il Comune di Roma, la Cgil Nazionale, a rendere omaggio alla “straordinaria
figura di Salvatore Carnevale”.
Turiddu Carnevale è la trentottesima vittima del movimento contadino
siciliano, vittima della violenza perpetrata in quel (quasi) impenetrabile buio
di mescolanza tra mafia e forze dello Stato, nel solido interesse agrario.
Alle vittime di questo stesso interesse, nelle nostre campagne, chi ha
dedicato il suo “Lamentu”?
8 settembre 1946: A Scandolara Ravara (Cremona), l’agrario Mario Morandi
uccide con una fucilata alla schiena Olimpio Puerari, militante sindacale
che, con altri lavoratori, si era recato in delegazione dal Morandi per
chiedergli conto delle violenze praticate ad un altro lavoratore. Il 3 gennaio
1950, a Cremona, si apre il processo a carico dell’agrario Mario Morandi,
responsabile dell’uccisione di Olimpio Puerari. Morandi, processato per mero
omicidio colposo, sarà assolto.
4 giugno 1948: A Spino d’Adda (Cremona), nel corso di una manifestazione di
braccianti contro gli agrari, i carabinieri aprono il fuoco uccidendo il
contadino Luigi Venturini.
25 giugno 1949: A Ossolengo (Cremona), a conclusione di uno sciopero
generale, un gruppo di braccianti si reca alla cascina Rinaldi per esigere l’allontanamento
dei crumiri, ma l’agrario Luigi Rapetti apre il fuoco uccidendo il contadino Natale
Denti, mentre alcuni crumiri feriscono con armi bianche Carolina Marcotti,
suo marito Giuseppe Azzini e un terzo bracciante.
La fonte di queste note è il sito internet della Fondazione Cipriani. La
figura del contadino cremonese Venturini viene ricordata anche su un altro sito
(www.piazzacarlogiuliani.org), dedicato alle “vittime della violenza di stato”.
Franco Dolci aveva raccolto le memorie di Mario Stocchetti, “storico”
costruttore e riparatore di biciclette e di moto nel rione S. Imerio (Porta
Ladra) di Cremona. Stocchetti, con la penna di Franco Dolci, ricorda un morto il
cui nome non è inciso in nessuna lapide.
«[…] Fra chi tenta il furto di un po’ di legna, a S. Imerio, fra il
1948-1950, troviamo un giovane, non ancora ventenne, disoccupato. Trattasi di
Mazzurini Sergio, che abita in via XI Febbraio, nel cortile della cooperativa
vinicola “Martiri”.
Mazzurini e un suo amico, al tramonto di una mite giornata autunnale, si
recano con un carretto e qualche attrezzo (ad esempio una sega detta “lüsèerta”)
in quel di Gerre Borghi [la memoria di Stocchetti su questo punto è incerta
– N.d.R.], con l’intenzione di procurarsi un po’ di legna; non si sa
se per uso personale o per venderla ricavandone qualche lira per acquistare
generi di altrettanta stretta necessità.
Era il crepuscolo avanzato, il buio stava avvolgendo le loro figure e il
gelso attorno al quale armeggiavano. Qualche ramo nodoso era già caduto e la
sega continuava il suo ritmico ronzio. Improvvisa, da breve distanza, esplode
una fucilata. Il Mazzurini si accascia al suolo con il ventre squarciato. Il
sangue cola copiosamente a bagnare il poco spazio che aveva visto la sua turbata
fatica. Il suo amico, rimasto illeso, fugge. Mazzurini muore sul luogo,
dissanguato. Chi ha sparato? Non lo si è mai saputo. Si è saputo solo che i
proprietari del fondo in cui il Mazzurini ha trovato la morte erano i fratelli
G. Sono stati inquisiti, denunciati, processati? Non lo si è saputo. La morte
di Mazzurini è stata avvolta nel mistero. Si sa solo che una piccola
trasgressione (un modesto furto di legna) è stata trasformata in un gravissimo
delitto, passibile della pena di morte. Eseguita dalla solita mano ignota.
Ma chi ha armato quella mano? Anche qui ha pesato il pesante, violento
atteggiamento dello Stato contro i lavoratori agricoli. Tre lavoratori vengono
uccisi in quegli anni: Olimpio Puerari, Luigi Venturini, Natale Denti. Se si
ammazza gente rea solo di difendere i suoi diritti, perché non ammazzare un “ladro
di legna”? E si spara e si uccide, fra il plauso dei benpensanti e la gioia
della più ottusa proprietà.
Nel rione la povera gente rimane attonita. Riflette su se stessa e sullo
Stato che presiede alla sua vita, uno Stato che per lei è solo una realtà
ostile. Per lei il giovane Mazzurini non è un ladro ma solo un bisognoso. Ed è
solidale con la famiglia dell’assassinato. Tramite il circolo sportivo “Martiri
di S. Imerio”, fra le cui finalità ci sono anche interventi di solidarietà,
devolve una somma alla famiglia come contributo per le spese del funerale.
Una gran folla salutò la salma di un ragazzo che con buone ragioni si può
dire una vittima della miseria. La fucilata che uccise Mazzurini ricordava ai
poveri che il loro riscatto sociale era ancora lontano. […]»
16 maggio: giorno dei “martiri della terra”. Olimpio Puerari come Turiddu
Carnivali. “Angelu era e nun avia ali…”
M.T.
[La piccola fotografia è un particolare della fotografia di Ferdinando
Scianna sulla copertina del libro: Ignazio Buttitta: La peddi nova. Prefazione di
Carlo Levi, Feltrinelli, 1977; una versione di "Lamentu..." si trova nell’album di
Daniele Sepe “Jurnateri”, I dischi de il Manifesto, 2001]
 
Su Turiddu Carnevale: