La Costituzione è di tutti, anzi la Costituzione italiana è di tutti.
Ce lo dimostra con una bellissima pubblicazione l’Assessorato alle Politiche
dell’Immigrazione della Regione Liguria.
L'assessore Enrico Vesco ha realizzato una edizione multilingue della parte
prima della Costituzione, quella relativa ai diritti e doveri dei cittadini.
"L'obiettivo della coesione sociale e del benessere collettivo - scrive Vesco -
può essere raggiunto solo superando le attuali pratiche di integrazione
subalterna e incoraggiando la partecipazione attiva dei migranti alla vita della
collettività".
Questo lavoro è una vera pratica di integrazione attiva e partecipata,
attraverso la quale le istituzioni ed i cittadini tutti vogliono rendere
condiviso uno dei patrimoni più importanti della nostra storia democratica.
La Costituzione italiana, giovanissima ed attualissima, scampata da poco ad
una revisione scellerata che il centro destra avrebbe voluto apportare, è nata
dalla Resistenza, dalla voglia di libertà e di convivenza civile che la
dittatura fascista aveva soffocato, uccidendo idee ed uomini.
Da quelle macerie nacque la nuova Italia e si dotò di una carta moderna,
avanzata, che cercò la sua origine non in un concetto astratto o di difficile
spiegazione, ma si fondò su una cosa nobile e concreta: il lavoro.
"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro".
Questa parola è nell’articolo 1, e rappresenta un vero e proprio assioma,
apparendo ancor prima delle parole sovranità e popolo, e sottolineando, in modo
inequivocabile, che senza il lavoro non ci sarebbero né la repubblica né la
democrazia.
La Costituzione dovrebbe, e deve, dire molto di una nazione e non c’è modo
migliore di convivere ed integrarsi con tutti gli altri se non quello di farci
comprendere: la versione della Costituzione in dieci lingue è un contributo
fondamentale in questa direzione.
Un contributo che va oltre perché ci permette di parlare e di confrontarci
iniziando proprio dal lavoro. Un principio che rende la nostra carta non solo
moderna, ma in qualche modo universale, in grado di parlare a tutti, partendo
appunto dal lavoro.
Quel lavoro che in tantissimi sperano di trovare in Italia, quel lavoro
offerto dagli stranieri e che manda avanti l'economia del Paese. Quel lavoro che
spesso non c'è, per nessuno, e se c'è è in nero, senza tutele, senza diritti e
pagato pochi euro.
Quel lavoro che però, per la nostra Costituzione, è collocato ancor prima dei
diritti, è un principio antecedente ad essi, come a significare (anche se nella
realtà non è così, ma dovrebbe) che non può esserci un lavoro ed un lavoratore
senza diritti.
Questa "lingua" - quella del lavoro e dei diritti - tradotta in diversi
idiomi può parlare veramente a tutti "senza distinzioni di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali"
(Art. 3 della Costituzione).
Il segretario
Angelo Ongari