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15 Settembre, 2002
Sabato 29 ,con le istituzioni contro la guerra.
“Se la guerra verrà, ognuno di noi sarà colpevole per non averla impedita. La colpa non è di chi annuncia la guerra.

Sabato 29 ,con le istituzioni contro la guerra.
Oggi pomeriggio, su invito delle istituzuzioni, Presidente della Provincia e Sindaco di Cremona, numerosi cittadini, le organizzazioni sindacali, il Tavolo contro la guerra, si sono riuniti in p.zza Stradivari a Cremona per manifestare contro la guerra in Iraq.
Oltre al Presidente Corada Gian Carlo, hanno parlato il Vice -sindaco di Cremona Luciano Caon, Il neo segretario della CISL Mario Daina e un a rappresentante del Tavolo contro la Guerra.
Di seguito l'intervento di Gian Carlo Corada . In foto gallary le immagini della manifestazione.

INTERVENTO DI GIAN CARLO CORADA ALLA MANIFESTAZIONE “FERMIAMO LA GUERRA IN IRAQ” CREMONA PIAZZA STRADIVARI SABATO 29 MARZO 2003

“Se la guerra verrà, ognuno di noi sarà colpevole per non averla impedita. La colpa non è di chi annuncia la guerra. La colpa è di chi, sentendo quell’annuncio, non compie un atto, non leva una protesta, non dà un voto per impedire che l’annuncio si avveri”

E’ Piero Calamandrei che scrive questa importante frase. Siamo nel dicembre del 1946 e la scrive per la rivista “Il Ponte”.

Ebbene, cari amici, noi abbiamo bene a mente questo impegnativo richiamo di Pietro Calamandrei. Noi non saremo tra coloro che, silenti, accettano supinamente gli eventi funesti e tragici della guerra.

Noi cremonesi, noi cremaschi, noi casalaschi Enti Locali, forze del lavoro, mondo giovanile, del volontariato, della pace siamo ancora una volta qui, in piazza, a dire alla nostra gente “No alla guerra”, si fermi la violenza, la parola torni alla politica ed alla democrazia.

Cari amici,
La nostra testa, i nostri occhi sono pieni delle immagini di Bagdad bombardata. E in ognuno di noi rischia di prendere il sopravvento l’angoscia sia per quanti laggiù stanno soffrendo ma anche per le stesse sorti del mondo.
Ha preso corpo ed è in pieno svolgimento una guerra senza senso, che può provocare conseguenze incalcolabili ed ingovernabili sul piano della convivenza mondiale.
Presentata da chi l’ha voluta come un modo per rendere il pianeta più sicuro; oggi ci stiamo tutti accorgendo, sempre di più, quanto il rischio, invece, sia che, all’indomani del conflitto, il mondo risulti ancora più insicuro di prima: è sufficiente pensare, infatti, a come lo scontro in atto sia già visto e sarà ancora di più vissuto e percepito dalle opinioni pubbliche dei Paesi islamici e arabi.
In quelle società, cioè, che già oggi sono percorse da una profonda tensione antioccidentale, che questo conflitto non calmerà ma anzi esaspererà. Società, popoli, nazioni che dunque potrebbero trarre da questa guerra nuovo motivo per esprimere sentimenti di ostilità nei confronti degli Stati Uniti, dell’Inghilterra e, per estensione, nei confronti del mondo occidentale.
Qui va letto l’immenso valore delle posizioni sempre più precise e determinate assunte da Papa Giovanni Paolo II. Un altissimo valore morale, in sé, ma anche un altissimo valore “politico” e “culturale” oltre che religioso.
Quelle dichiarazioni forti e coraggiose non solamente sono rivolte ai leader dell’occidente, ma anche ai popoli dell’Islam, a significare l’assoluta inesistenza di qualsiasi “guerra di religione”.
Quelle prese di posizione anche dure, insolitamente dure, vogliono dire chiaro e forte che gli eserciti impegnati nella guerra in Iraq oggi non sono “soldati di Dio”, non combattono in nome del cristianesimo e che dunque non di guerra tra civiltà si tratta, ma più banalmente di guerra sbagliata, ingiusta, illegittima e, quindi, da fermare subito.
Occorre dunque mettere celermente in campo anche da parte dei popoli e dei governi - una forte azione politica, diplomatica e di pressione di massa affinché questo tremendo pericolo non attecchisca. Perché c’è davvero da chiedersi chi difenderà il mondo da una drammatica sequenza di attentati terroristici, che potrebbe scatenarsi e mettere a repentaglio la sicurezza di nazioni intere.
L’abbiamo detto in tanti: si tratta di una guerra ingiustificata e una guerra insensata. Una guerra unilaterale e priva di legittimità internazionale, perché questa guerra non ha un'autorizzazione dell’Onu. E non solo. Per come si sono sviluppate le cose nelle ultime settimane, si può affermare che questa guerra la si sta facendo contro la volontà della maggioranza degli Stati che sono membri delle Nazioni Unite, oltre che contro la volontà della stragrande maggioranza degli esseri umani oggi viventi sul pianeta.
È una delle pochissime volte nella storia delle Nazioni Unite che il Consiglio di Sicurezza non esprime un orientamento che sia in sintonia con gli orientamenti del principale Paese di questo pianeta.
E, non a caso, gli Stati Uniti hanno rinunciato a portare in Consiglio di Sicurezza, insieme alla Spagna e alla Gran Bretagna, la seconda risoluzione, perché avrebbero dovuto registrare l’insussistenza, in quella sede, di una maggioranza a sostegno della risoluzione.
La democrazia non la si esporta con le bombe! Nessun rapporto di proporzionalità c’è oggi tra lo scatenare una guerra e il pericolo costituito da Saddam Hussein, che poteva e doveva essere combattuto continuando l'attività delle ispezioni ed adottando forme di pressione politiche e diplomatiche (che peraltro stavano già ottenendo risultati).

In questo modo, si sarebbe potuto ottenere il risultato di disarmare Saddam Hussein, senza precipitare il mondo in un conflitto dai contorni drammatici e dagli sviluppi incontrollabili. Sono queste le ragioni che ci hanno portato e ci portano a dire «no».

E, badate: chi si assume oggi la responsabilità di condividere questa guerra si assume la responsabilità non soltanto di condividere una scelta sbagliata ma anche di contribuire a mettere a rischio l’esistenza stessa delle Nazione Unite. Organizzazione della quale, dopo questa crisi, tutti sappiamo quanto ci sarà ancora il bisogno.

Ora si tenta di insinuare una divisione tra gli italiani e tra i popoli del mondo: si vorrebbe compiere una forzatura, dividendo i “buoni” da una parte dai “cattivi” dall’altra, ci si inventa, allora, la categoria alqiualto bizzarra dei “pro-americani”e degli “antiamericani”.

E’ un “furto di verità” quello che certi governanti e certi mezzi di informazione stanno praticando. Niente di più inutile e fuorviante, nulla di più subdolo e strumentale. Noi che amiamo la pace, che critichiamo la guerra, che ci schieriamo contro questa guerra non lo facciamo in nome di nessun generico “antiamericanismo”.

Al contrario, proprio perché abbiamo ben presente il ruolo straordinario giocato da quella nazione nella lotta per la libertà dal nazifascismo, non ci limitiamo a dichiarare la nostra amicizia, ma la mettiamo in campo tutta intera, ribadendo vicinanza al popolo americano e proprio in nome di questa vicinanza - ribadendo la critica al suo governo ed alla sua amministrazione per i gravi errori e per le gravi illegalità che sta commettendo. E non siamo soli, a questo riguardo! Fuguratevi, siamo in compagnia di famosissimi personaggi “antiamericani” come Francesco Cossiga e Giulio Andreotti!

E ci piace, d’altra parte, rispondere a questi attacchi, ricorrendo ancora una volta alle parole usate recentemente dal Papa, laddove parlando del movimento della pace, dice “Dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che la guerra come strumento di risoluzione delle contese tra gli Stati è stata ripudiata, prima ancora che dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla coscienza di gran parte dell’umanità, fatta salva la liceità contro l’aggressore”. E laddove, continuando, afferma “Il vasto movimento contemporaneo a favore della pace traduce questa convinzione di uomini di ogni continente e di ogni cultura”.

Anche sulla scorta di questa giusta e condivisibile presa di posizione papale, è giusto proseguire nell’attuale lotta per la pace e per fermare la guerra.
Subito!
Ecco perché siamo qui. Proseguiamo, con questa manifestazione, il cammino di pace anche della nostra Amministrazione provinciale. Che da anni promuove progetti di pace e di solidarietà internazionale e che, recentemente, con una delibera unanime del Consiglio provinciale, ha deciso di nominarsi come “Provincia di Pace” ed ha deciso anche di prendere parte alla campagna di esposizione delle bandiere della pace, anche come segnale esplicito ed evidente della volontà solidale della stragrande maggioranza della nostra gente.

Con questa manifestazione noi ci poniamo due obiettivi: svolgere una pressione, di massa ed istituzionale, affinché la guerra abbia subito termine. E con essa abbiano termine le sofferenze ed i drammatici disagi soprattutto della popolazione civile irachena. E poi che vengano messe in atto misure serie, organizzate e mirate, volte a lenire quelle sofferenze, a portare un aiuto tangibile a quelle popolazioni, sotto forma di aiuti umanitari, sotto forma di viveri e medicinali e sotto la forma di una solidarietà concreta, spirito di cui è tanto ricco il popolo italiano.

Invitiamo tutti i nostri Enti Locali, le assemblee elettive, ogni livello istituzionale, a svolgere una pressione forte nei confronti del governo nazionale. Affinché si senta in dovere di mettersi all’altezza della drammaticità della situazione:
Sposando in pieno la volontà di pace che anima l’Italia e gli italiani.
Facendosi interprete di questa volontà nei confronti, innanzitutto, dei Paesi alleati oggi belligeranti.
Chiedendo loro che venga posta fine ad una guerra ingiusta ed illegittima. E chiedendo all’Europa uno sforzo grande ed unitario, volto a predisporre ogni utile azione di solidarietà concreta, sia nei confronti delle popolazioni che in Iraq stanno soffrendo, sia nei confronti delle migliaia di cittadini dell’Iraq che già oggi, e presumibilmente in numero crescente nelle prossime settimane, saranno indotte a fuggire dal teatro di guerra ed a cercare nei nostri Paesi rifugio ed assistenza.

FERMIAMO LA GUERRA !

PER DISARMARE SADDAM, TORNINO A PARLARE LA POLITICA E LA DIPLOMAZIA

COSTRUIAMO UN MONDO PIU’ GIUSTO

 


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