Incontro promosso da ASCOM Cremona sulla liberalizzazione degli impianti di
distribuzione di carburanti
"I gestori non sono disposti ad essere sacrificati in silenzio"
Sciopero di 48 ore, il 7 e l'8 febbraio, promosso congiuntamente da Figisc/Anisa-Confcommercio,
Faib/Aisa-Confesercenti e Fegica-Cisl
Non si è fatta attendere la risposta dei benzinai alle liberalizzazioni
proposte dal Governo, ed in particolare all’articolo 18, che fa cadere l’obbligo
di distanza minima tra impianti di distribuzione di carburanti, aprendo in buona
sostanza il mercato dei carburanti alla Grande Distribuzione Organizzata. Nel
corso di una affollata conferenza promossa dall’ ASCOM della provincia di
Cremona, le tre associazioni di categoria dei gestori - Figisc/Anisa-Confcommercio,
Faib/Aisa-Confesercenti e Fegica-Cisl - hanno infatti ribadito ferma opposizione
al provvedimento. Lo sciopero di 48 ore previsto per il prossimi 7 ed 8 febbraio
rappresenta, dunque, solo il primo atto di un confronto dal cui esito dipendono
le sorti delle stazioni di servizio.
“Il Governo – ha esordito Fabrizio Cosma, delegato di Figisc/Anisa-Confcommercio
- sceglie l’azione dimostrativa, chiudendo la porta ad ogni confronto, e
costringe una intera categoria di lavoratori ad una risposta durissima e non
equivocabile: i gestori non sono disposti ad essere sacrificati in silenzio, né
per fare un favore alla potente lobby della GDO, né per consentire di fare bella
mostra dei loro muscoli, ai tanti protagonisti dell’eterogenea maggioranza.”
“Le misure che riguardano il nostro settore, nascoste nella confusione del
progetto presentato, negano – ha incalzato il rappresentante di Faib/Aisa-Confesercenti,
Fabbio Baitelli - la riforma del Titolo V della Costituzione, scippando
le Regioni delle loro competenze, non portano alcun vantaggio alla collettività,
evidenziano una volontà punitiva nei confronti della categoria e sono destinate
al contrario a depauperare gli investimenti industriali effettuati sugli
impianti esistenti, disincentivando anzi qualsiasi nuovo investimento destinato
ad aree moderne ed integrate con attività non oil collaterali, la conseguente
contrazione dei livelli occupazionali, la mortificazione della diversificazione
e del livello qualitativo dei servizi offerti ai consumatori, costretti a
percorrere decine di chilometri per trovare un impianto”.
L’effetto che nel medio periodo verrà ottenuto sarà, infatti, la consegna del
mercato e dei consumatori ad un monopolio “perfetto”, realizzato sulle due gambe
dei giganti del petrolio e della GDO. “Con buona pace – ha osservato il
rappresentante di Figisc/Anisa-Confcommercio Graziano Bossi - della
concorrenza, perseguita e sbandierata dalle associazioni dei consumatori, e di
coloro che auspicano un supposto e invece negato libero mercato.
Va detto poi che il basso profilo ed il “silenzio” dell’industria petrolifera
denunciano chiaramente una malcelata diffusa convinzione di non vedersi scalfita
la propria rendita, potendo contare su una naturale capacità di riposizionamento
(il suo prodotto, in un modo o in un altro, sarà comunque collocato e
distribuito) e utilizzare l’alibi ad essa offerto per liberarsi finalmente dei
gestori ed introdurre in modo massiccio piccoli distributori interamente
automatizzati, quale risposta agli impianti negli ipermercati. Tutto questo il
Ministro Bersani lo sa bene, così come conosce bene le storture anticoncorrenza
del doppio mercato rete ed extrarete. Ma ormai è completamente prigioniero del
“clima” politico e del continuo “gioco al rialzo” dei suoi colleghi di
maggioranza, di Governo e persino di partito (presente e futuro), teso a
“misurare” (contando di ridimensionarla) la sua credibilità. Non è difficile
comprendere, alla luce di questa situazione, il perché del rifiuto di qualsiasi
confronto e la decisione di “alzare un campanile”, ributtando la palla
nell’incerto e periglioso campo dell’iter parlamentare, dove le responsabilità
fatalmente si diluiscono. Si tratta, però, di un campo dove le facoltose lobby
dei petrolieri e della GDO giocano in casa, dove le ragioni della nostra
categoria rischiano di venire neanche ascoltate”.
In un tale contesto, ai gestori non rimane che utilizzare lo sciopero, in
attesa di altre forme di protesta più incisive, quale unico, estremo strumento
che è stato lasciato loro per difendere se stessi, il proprio lavoro, le proprie
attività e, tutto sommato, l’unica vera possibilità che la collettività ha di
garantirsi un mercato libero.