15 Settembre, 2002
La società americana dopo l’11 settembre nell’era Bush e prima dell’arrivo di Obama di G.C.Storti
Il film“ L'ospite inatteso" appare lento e noioso ma invece raffigura inequivocabilmente i connotati di questa società americana in stato d’assedio dopo l’11 settembre del 2001 , nell’era di George Bush e prima dell’arrivo di Barack Obama.
La società americana dopo l’11 settembre
nell’era Bush e prima dell’arrivo di Obama
di G.C.Storti
Il film“ L'ospite inatteso" appare lento e noioso ma invece raffigura
inequivocabilmente i connotati di questa
società americana in stato d’assedio dopo
l’11 settembre del 2001 , nell’era di George
Bush e prima dell’arrivo di Barack Obama.
Il film “ L'ospite inatteso" ne stigmatizza
i contenuti e da linfa a nuove prospettive
di integrazione.
La trama, come sotto meglio evidenziato,
ruota su quattro figure. Un professore annoiato
, in immigrato siriano clandestino, la sua
donna africana, anch’essa clandestina, e
la madre del giovane siriano naturalizzata
americana.
Basta un non nulla, una piccola infrazione
in metropolitana, per cambiare la vita di
quattro persone. L’apparato di sicurezza
americano quando si muove è pesante, una
macchina tritasassi che annulla l’uomo nei
suoi elementari diritti umani.
Il giovane clandestino viene fermato , rinchiuso
in un centro di accoglienza e poi espulso
dal paese e rimpatriato in Siria.
Insomma una procedura che sicuramente piacerà
a Maroni ed ai politici nostrani che in nome
della sicurezza sono pronti a calpestare
i diritti umani.
In questo modo l’apparato repressivo americano
mostra efficienza ed efficacia.
Il fine è piacevole e significativo. Il professore
americano, annoiato e depresso, ritrova linfa
e la voglia di essere uomo semplicemente
imparando a suonare il tamburo del siriano
espulso.
Insomma nonostante l’apparato di sicurezza
americano la contaminazione avviene e culture
nuove si affermano.
Ora tutti attendiamo l’arrivo di Barack Obama.
E’ proprio il caso di dire “ comunque vada
sarà un successo”.
Gian Carlo Storti
storti@welfareitalia.it
La trama del fila “ L'ospite inatteso"
CINEMA: Un film delicato e acuto, un cinema
civile e personale.
Walter Vale è un professore universitario
di economia, rimasto vedovo, che insegna
ormai svogliatamente e vive monotonamente
in una cittadina del Connecticut.
Quando di malavoglia accetta di sostituire
un collega a una conferenza a New York, scopre
che il suo appartamento, da tempo disabitato,
è stato affittato con l’inganno ad una giovane
coppia, il siriano Tarek, che suona il djembe
in un gruppo jazz, e l’africana Zainab, disegnatrice
di gioielli.
Dopo la sorpresa iniziale, Walter invita
i due a restare, almeno fino a che non troveranno
un altro tetto, e inizia con Tarek un’amicizia
nel nome della musica. Ma un contatto incidentale
con la polizia, in metropolitana, fa finire
Tarek, immigrato irregolare, in un centro
di detenzione nel Queens. L’arrivo della
madre del ragazzo, Mouna, rinnova l’impegno
e l’affetto di Walter per Tarek ma il suo
fermo assume sempre più i connotati della
prigionia.
Opera seconda di Tom McCarthy, sceneggiatore,
regista e altrove anche attore, L’Ospite
inatteso ruota attorno alla figura di Richard
Jenkins, perfetto “ordinary man”, che fa
economia sulla propria vita, cercando di
restare legato al passato attraverso uno
strumento –il piano- per cui non è portato,
salvo scoprire accidentalmente di avere un
cuore che batte ancora, al ritmo di un tamburo
africano. Ma il concerto è ancora agli inizi
che già deve lasciare il posto allo sconcerto,
di fronte al trionfo dell’ordine e dei suoi
burocratici esecutori.
Se nel precedente The Station Agent, vittorioso
al Sundance, l’autore portava in scena un
trio fuori dal mondo, qui i personaggi sono
sì dei diversi, innanzitutto l’uno per l’altro
(e Mouna non può non notare quanto sia nera
Zainab), ma sono al contempo rappresentanti
comuni della cittadinanza della metropoli
contemporanea, suoi ospiti in entrambi i
sensi di marcia.
Il senso di lutto che si respira nel film
non è marginale né è un retaggio del passato
dei protagonisti ma è la constatazione presente
e progressiva della morte di un valore di
accoglienza e di libertà che l’America si
diceva orgogliosa di incarnare. Ad Ellis
Island, dove si passava per diventare cittadini,
ora si passa per essere schedati, trattenuti,
rispediti al mittente. Non è più tempo di
parlare di “green card” in chiave di commedia,
ma è sempre tempo di portare la macchina
da presa nelle strade e di mostrare la città
quale è.
Qui Tom McCarthy fa un cinema civile e personale,
delicato, sentimentale, non refrattario allo
svolazzo di fantasia ma documentato e determinato.
Apparentemente un fiume che scorre tranquillo,
L’Ospite inatteso vive di correnti sotterranee
agitate, mostra e persino dimostra, ma rigorosamente
con le sole armi del cinema: una sceneggiatura
forte e un gruppo di attori, fortunatamente,
più forti di lei
 
Fonte
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