15 Settembre, 2002
Come uscire dalla crisi:la speranza viene dagli immigrati di Gian Carlo Storti.
Del resto “ la razza europea” è destinata a mischiarsi e l’Europa ed il mondo a diventare una fiumana di “ meticci”.
Come uscire dalla crisi:la speranza viene
dagli immigrati di Gian Carlo Storti.
Del resto “ la razza europea” è destinata
a mischiarsi e l’Europa ed il mondo a diventare
una fiumana di “ mettici”.
Le inchieste mostrano che i cittadini ritengono
che siamo di fronte ad una fase di "panico
generalizzato".
Il 2008, secondo il rapporto del Cencis,
si chiude con consumi in caduta libera e
paura della crisi che si pensa debba divenire
ancor più grave nei prossimi mesi.
Il rapporto annuale del Censis sullo stato
sociale del nostro paese è segnato fortemente
dalla crisi economica che in parte è già
arrivata a seguito di quella finanziaria.
Gli indicatori mostrano che siamo di fronte
a "panico generalizzato". La paura
è quella di perdere il lavoro e di non poter
far fronte ai mutui sulla casa. Ma una speranza
per uscire dal tunnel economico c'è, ed è
la possibilità di disporre di una grande
risorsa: gli immigrati.
Siamo di fronte ad una fase nuova, senza
precedenti e le politiche economiche e sociali
del Governo si dimostrano insufficienti e
sbagliate.
La crisi è partita un anno fa dagli Stati
Uniti e sta investendo l’Europa e anche il
nostro Paese. Il punto oggi è di capire come
affrontarla. Dovremo infatti fare i conti
con problemi occupazionali molto seri, con
l’espulsione dal mercato del lavoro dei precari,
dei lavoratori con contratto a tempo determinato
e se gli effetti saranno ancor più pesanti,
saranno coinvolti anche i lavoratori con
contratto a tempo indeterminato. In aggiunta,
già stiamo vivendo una caduta dei consumi
e dei redditi che ci sta portando ad un impoverimento
generale.
In questo quadro sono necessari una serie
di interventi radicali quali l’estensione
dei sistemi di protezione, non solo ad alcuni
lavoratori, ma a tutti coloro che ne hanno
diritto come i precari e a tutte quelle categorie
e piccole imprese che ancora ne sono escluse;
la cassa integrazione ha dei tetti molto
bassi e per questo è necessario un adeguamento
economico e temporale.
Il secondo tema è quello dell’adeguamento
degli strumenti formativi e di riqualificazione
dei lavoratori. Tutto questo ha bisogno di
investimenti.
Del tutto inutile è risultata e risulta inefficace
la misura della detassazione degli straordinari.
Vanno invece aumentate le risorse verso gli
ammortizzatori sociali.
L’altra questione è l’intervento sui redditi.
Qui c’è bisogno di agire con uno strumento
della politica anti ciclica ossia con la
ripresa dei consumi che va favorita, appunto,
con l’adeguamento dei redditi da lavoro dipendente
e da pensione.
Va aggiunta una protezione e una difesa dello
stato sociale che eviti che milioni di persone
cadano nella fascia di povertà.
Inoltre,sono da evitare ulteriori fratture
sociali. Se un immigrato perdesse il proprio
lavoro a causa della crisi economica e finanziaria
mondiale, con l’attuale legge Bossi-Fini,
subirebbe oltre al danno anche la beffa di
vedersi espulso dal nostro Paese.
Se non vi saranno queste misure, profonde
ed efficaci il divario delle due Italie aumenterebbe
ulteriormente .
Due Italie sempre più lontane, a causa delle
marcate differenze fra Nord e Sud.
Infatti l'Italia del Centro-Nord ha un Pil
pro-capite (29.445 euro) più elevato di Regno
Unito (29.140 euro), Germania (28.068 euro),
Francia (27.593 euro) e Spagna (26.519 euro).
La nazione Italia, invece, ha il valore più
basso per lo scarso apporto meridionale,
dove il Pil pro-capite scende a 17.046 euro.
Dal 2004 al 2007 le persone che non cercano
lavoro perché temono di non trovarlo sono
aumentate del 22,8 percento; coloro che non
hanno un lavoro e che sono disponibili a
lavorare sono diminuiti del 23,5 percento.
Cresce cioè una sorta di scoraggiamento nei
confronti della possibilità di occuparsi
che coinvolge quasi 1 milione 400 mila persone.
In questo contesto si conferma l'aumento
degli impieghi atipici, che oggi si attestano
all'11,9 percento dell'intera occupazione.
Ma il lavoro a tempo indeterminato rimane
la modalità contrattuale privilegiata come
garanzia di lavoro (è l'opinione del 42,5
percento degli italiani) e quella che dà
maggiore soddisfazione (al 66,1 percento
degli italiani).
Infine uno dei tratti principali della società
italiana è costituito dalla presenza numerosa
e attiva di nuovi cittadini che, pur nella
diversità di provenienze, culture e linguaggi,
hanno assunto ruoli, comportamenti e percorsi
di vita non dissimili da quelli degli italiani.
Solo vent'anni fa gli stranieri residenti
erano appena lo 0,8 percento della popolazione,
nel 1998 erano 1 milione di persone, mentre
oggi sono ben 3,4 milioni. Ci avviamo a raggiungere
la soglia del 6 percento della popolazione
complessiva, ma nel Centro-Nord siamo già
oltre: a Milano, ad esempio, a più del 13
percento, a Torino e Firenze al 9 per cento.
Si affermano modalità di integrazione tipiche
del nostro modello di sviluppo. La fecondità
delle donne straniere (2,50 figli per donna)
è doppia di quella delle italiane (1,26)
e si attesta su valori simili a quelli dell'Italia
del baby-boom. Il numero di alunni stranieri
presenti nelle scuole cresce al ritmo di
60/70mila l'anno; appena dieci anni fa erano
circa 60mila (lo 0,7% del totale), oggi sono
più di 500mila (il 5,6 percento del totale,
che sale al 6,8 percento nella scuola primaria).
Nel 2007 le micro-imprese gestite da immigrati
hanno raggiunto le 225.408 unità, con 37.531
imprese di extra-comunitari avviate nel corso
dell'anno (più 8 percento rispetto all'anno
prima).
Ecco è questa “ nuova fiumana” di persone
che può per davvero rappresentare la ricchezza
futura del nostro paese ed anche dell’Europa.
Del resto “ la razza bianca europea” è destinata
a mischiarsi e l’Europa ed il mondo a diventare
una moltitudine di “ meticci”. Brutto termine
ma che da il senso di un processo d’integrazione
che avanza , direi che galoppa.
Gian Carlo Storti
storti@welfareitalia.it
Cremona 7 dicembre 2008
 
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