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 Economia

15 Settembre, 2002
Una Finanziaria di trucchi e condoni
di Enrico Morando - da www.unita.it

Una Finanziaria di trucchi e condoni
di Enrico Morando - da www.unita.it

Qual è il rapporto tra il decreto taglia-spese di Tremonti e la legge Finanziaria in discussione al Senato in questi giorni?
La risposta corretta - secondo il ministro dell’Economia - è molto semplice: siccome il decreto riduce la cassa e la competenza del bilancio dell’anno in corso, mentre la legge Finanziaria agisce sul bilancio di previsione per il 2003, e vigendo in Italia il principio della annualità del bilancio (ogni 31 dicembre finisce una storia e ne comincia un’altra), il rapporto tra questi due strumenti è nullo. Non esiste.
Il normale cittadino non riesce a capire come diavolo sia possibile che il blocco della spesa per migliaia di miliardi di vecchie lire (circa 18mila) per l’anno in corso possa non influenzare i conti dell’anno successivo?
Sono le solite capziosità dell’opposizione: il normale cittadino non si occupa di tecniche contabili. E se lo fa, non le capisce.
Per sua fortuna c’è lui, il ministro - il nostro genio, ebbe a definirlo il presidente del Consiglio - che pensa anche per noi.
Ma il tarlo del dubbio (o il pregiudizio dell’oppositore?) suggerisce di non accettare la teoria dell’imperscrutabilità del bilancio: in fondo, è il buonsenso che suggerisce che se la legge Finanziaria per il 2003 è stata scritta nel settembre scorso al fine di modificare il bilancio a legislazione vigente in quel momento, mentre il decreto che taglia le disponibilità dei ministeri per il 2002 è intervenuto solo il 5 di dicembre, beh, forse c’è qualche aspetto della prima che, influenzato dal secondo, potrebbe risultarne modificato o da modificare.
Infatti, qualcosa c’è, e non proprio irrilevante.
La legge Finanziaria - come tutte le altre leggi che recano nuove spese - deve esplicitamente indicare da dove ricava le risorse per finanziarle (la «copertura»).
Ecco perché la legge Finanziara per il 2003, che dispone molte nuove spese (o minori entrate, che fa lo stesso), si «copre» con il concordato-condono, con i tagli di spesa per gli enti locali, il Sud e la ricerca e con una quota (3,3 miliardi di euro) del «miglioramento» (4,1 miliardi di euro) del risparmio pubblico.
In molti hanno scritto della evidente sovrastima del gettito atteso dal concordato fiscale. Pochi giorni fa, anche il Centro Studi di Confindustria ha mostrato di nutrire molti dubbi in proposito.
Pochissimi però hanno dedicato l’attenzione che merita al «miglioramento» del risparmio pubblico, che viene usato (per ben 7mila miliardi di vecchie lire) per «coprire» spese certe.
Ho già scritto ("l’Unità" del 18 novembre) di cosa si tratta: il governo afferma di ricavare queste risorse per differenza tra il risparmio pubblico (differenza tra entrate correnti e spese correnti) del 2002 e quello previsto nel 2003.
Ho messo in evidenza in quella sede che in entrambi gli anni le uscite correnti superano le entrate correnti, dando luogo ad un risparmio pubblico "negativo".
Ed ho quindi dimostrato che il governo copre nuove e certe spese con risorse virtuali (il miglioramento tra due «buchi», ottenuto grazie al fatto che il primo è molto più grande del secondo).
Si poteva dunque concludere che - a causa di questo formalismo contabile - la legge Finanziaria 2003 era già, di fatto, scoperta, per almeno 3,3 miliardi di euro.
Ma il decreto del ministro del blocca le spese dei ministeri per il 2002 scopre definitivamente il trucco, poiché fa cadere anche il rispetto formale della legge di contabilità.
Vediamo perché. Il decreto blocca-spese taglia cassa e competenza per circa 9 miliardi di euro.
A parte l’effetto elefante nella cristalleria (penalizza le risorse di parte capitale - cioè la qualità - rispetto alla spesa corrente), una misura così drastica non può che migliorare il risparmio pubblico del 2002 (se si riducono le spese per 9 miliardi di euro, lasciando inalterate le entrate...).
Ma se migliora il risparmio pubblico 2002, allora esso non sarà poi tanto lontano dall’equivalere a quello previsto per il 2003. Il che equivale a dire che il decreto blocca-spese ha l’effetto di azzerare, anche formalmente, quel miglioramento del risparmio pubblico (3,3 miliardi di euro) che la legge Finanziaria porta a copertura dei maggiori oneri che determina.
E, se è così, la legge Finanziaria va ritirata e riscritta, poiché «mancano all’appello» - nel suo prospetto di copertura - quasi 7mila miliardi di vecchie lire.
Gli argomenti che sono stati opposti a questa tesi in sede di commissione Bilancio del Senato sono molto deboli.
Scelgo quello apparentemente più solido: il blocca-spese non cambia le imputazioni di bilancio (competenza e cassa), ma determina la mera «non impegnabilità» delle risorse.
La risposta è semplice: o il blocca-spese non serve a niente; ma allora non si capisce perché sia stato fatto.
O serve: e allora incide sulla spesa. E se incide, migliora il risparmio pubblico rispetto a quello previsto dal bilancio assestato 2002. Fuori da queste due ipotesi, la discussione precipita in un vortice di «bilancio virtuale» in cui è sostenibile tutto e il contrario di tutto.
Se, come io penso, la legge Finanziaria è scoperta per almeno 3,5-4,5 miliardi di euro, nessuna operazione di "maquillage" sul debito potrà evitare che si dia luogo ad una di queste due possibili conseguenze:
1) a metà 2003, un nuovo decreto blocca le spese previste dalla legislazione vigente; oppure
2) in primavera si dà luogo ad una pesante manovra correttiva degli andamenti di finanza pubblica.
La legge Finanziaria uscirà dal Senato solo tra dieci giorni: se avesse il coraggio e la forza politica, al governo non mancherebbe il tempo. >br>
da www.unita.it  


       



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