15 Settembre, 2002
Uccidere in nome di Dio
di Josè Saramago per El Pais / L’Unità
Sono assolutamente certo che questo mio articolo opererà il prodigio di
mettere d’accordo, almeno per una volta, i due fratelli nemici irriducibili
che rispondono al nome di Islam e Cristianesimo, in particolar modo per la
dimensione di universalità a cui il primo aspira e nella quale il secondo,
illusoriamente, continua a immaginarsi. Nella più benevola delle reazioni
possibili, i benpensanti si lamenteranno che si tratta di una provocazione
inammissibile, di un’offesa imperdonabile al sentimento religioso dei credenti
di ambo le fedi; nella reazione peggiore (volendo supporre che non ve ne siano
di più negative), mi accuseranno di empietà.
Non solo. Anche di sacrilegio, blasfemia, profanazione, irriverenza e chissà
quali altri delitti di identico calibro saranno capaci di inventarsi, e perciò
stesso, forse, meritevole di una punizione che possa servirmi come castigo per
il resto della mia vita. Se io appartenessi alla comunità dei fedeli, il
cattolicesimo vaticano dovrebbe abbandonare per un momento le solenni
rappresentazioni stile Cecil B. de Mille nelle quali oggi si compiace, per
assumersi lo sgradito compito di scomunicarmi, quantunque, adempiuta tale
incombenza burocratica, non gliene resterebbe nulla in mano. Al cattolicesimo
scarseggiano ormai le forze per imprese più temerarie, sempre che i fiumi di
lacrime versati per le sue vittime abbiano, speriamo per sempre, fatto marcire
le cataste di legna della Santa Inquisizione.
Quanto all'islamismo, nella sua moderna versione fondamentalista e violenta
(violenta e fondamentalista come fu il cristianesimo ai tempi del suo apogeo
imperiale), il suo mandato per eccellenza, ogni giorno insensatamente
proclamato, è «morte agli infedeli»: in altri termini, mi si passi la
traduzione, se non credi ad Allah non sei altro che un immondo scarafaggio che,
per quanto anch'esso creatura nata dal Fiat divino, qualsiasi musulmano incline
a metodi sbrigativi avrà il sacrosanto diritto e dovere di schiacciare sotto le
suole delle babbucce con le quali farà il suo ingresso in quel paradiso di
Maometto dove verrà accolto dal voluttuoso seno delle vergini. Mi sia
consentito, pertanto, riaffermare che Dio, essendo sempre stato un problema, è
ora il problema. [...]
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Copyright El Pais
Traduzione di Andrea Grechi
 
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