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 Economia

15 Settembre, 2002
«SLOI Machine» - una fabbrica di veleni
Teatro di Bambs di Trento con Andrea Brunello a San Giovanni in Croce. La storia della fabbrica fino alla catastrofe finale, evitata per un soffio

SAN GIOVANNI IN CROCE (Cremona)
Teatro comunale “Cecilia Gallerani”
Palcoscenico 2007-2008
Domenica 20 gennaio, ore 15

Teatro di Bambs di Trento
SLOI MACHINE
con Andrea Brunello

La fabbrica S.L.O.I. - Società Lavorazioni Organiche Inorganiche, ha prodotto a Trento, per quasi quarant’anni, dal 1939 al 14 luglio 1978, Piombo Tetraetile: formula chimica PbEt4, comunemente abbreviata in PT.
La S.L.O.I. produceva Piombo Tetraetile, un veleno micidiale, ma indispensabile per lo sviluppo economico.
Il boom degli anni '60 è stato possibile grazie a produzioni come questa, che i paesi più civili rifiutavano, o praticavano in condizioni di sicurezza tali da renderle molto meno economicamente vantaggiose.
Lo spettacolo ripercorre la storia della fabbrica trentina e dei suoi rapporti con le maestranze e le istituzioni: prona ubbidienza da una parte, connivenza, sottovalutazione, monetizzazione del rischio dall'altra. Puntualizza tutti i momenti storici di possibile svolta, di necessario cambiamento in cui si è preferito continuare ad andare avanti sulla larga, fruttuosa strada del "continuiamo così", sperando che vada per il meglio.
Fino alla catastrofe finale, evitata per un soffio. Altrimenti tutti parlerebbero della S.L.O.I. (luglio 1978) come e più di Seveso (luglio 1976), di Bhopal (dicembre 1984) o di Cernobyl (aprile 1986).

Ingresso 5 euro

Info: 0375-91001

Note Storiche
La fabbrica S.L.O.I. - Società Lavorazioni Organiche Inorganiche, ha prodotto a Trento, per quasi quaranta anni, dal 1939 al 14 luglio 1978, Piombo Tetraetile: formula chimica PbEt4, comunemente abbreviata in PT.
Già agli inizi del novecento la tossicità del PT era stata ampiamente documentata: trenta volte più velenoso dell'iprite. Pochi grammi di PT possono uccidere un uomo. L'avvelenamento può avvenire per via respiratoria o per via cutanea.
La fabbrica S.L.O.I. di Trento produceva centinaia di quintali di PT al giorno.
Nel 1924 in America una miscela a base di PT, viene brevettata da tre grandi compagnie petrolifere come antidetonante da aggiungere alla benzina per impedire ai motori di "battere in testa".
Già prima che l'additivo fosse lanciato sul mercato, tanto i produttori quanto i funzionari di governo erano al corrente della pericolosità del composto, ma partirono dall'ottimistica previsione di poterla controllare nelle fabbriche. E poiché il piombo tetraetile si disperde con facilità, essi candidamente ipotizzarono che non avrebbe causato alcun danno significativo all'ambiente. Le compagnie petrolifere favorivano questo prodotto perché il composto si poteva brevettare, contrariamente all'etanolo, più efficace e meno inquinante, ma che chiunque poteva produrre.
Nel 1938 Mussolini dichiara che presto sarebbe stata raggiunta la completa autonomia per il fabbisogno di benzine e lubrificanti. L'autarchia fascista è in preparazione della guerra, l'antidetonante è indispensabile per l'aviazione militare italiana e tedesca.
Una piccola produzione è già stata avviata da Carlo Luigi Randaccio un giovane chimico che era riuscito a sintetizzare (e brevettare un composto simile a quello americano) a Ravenna, si decide di ingrandire la fabbrica e trasferirla vicino al confine tedesco: a Trento. La decisione viene dall'alto, nessuno può opporsi.
Alla fine della IIA guerra mondiale, gli operai sono felici che Carlo Luigi Randaccio riapra la fabbrica, anche perché hanno la forza di imporre un ottimo contratto, che garantisce loro la massima tutela possibile per la loro salute.
Ma il contratto viene cambiato, le garanzie previste sono sistematicamente disattese, gli operai cominciano subito ad ammalarsi, ma nessuno se ne preoccupa.
Perdita di capacità mnemoniche, irascibilità, insonnia, vertigini, manie di persecuzione, eccessi suicidi, vengono imputati all'alcolismo degli operai. Prontamente licenziati per questo.
Quando l'autopsia dichiara come inequivocabile causa di morte l'avvelenamento da PT, la magistratura assolve la S.L.O.I. poiché l'operaio aveva manomesso la propria maschera protettiva per autolesionismo.
Le autorità civili si limitano a fare riunioni per approfondire il problema, ma non intervengono.
Alla SLOI dal 1960 al 1971 ci sono stati 1.108 casi di infortunio, di questi 325 casi di intossicazione acuta. Quasi 600 operai hanno avuto bisogno di un ricovero alla clinica del lavoro dell’università di Padova; 266 per periodi più lunghi di quaranta giorni.
La fabbrica contava al massimo 200 operai alla volta.
Veniva chiamata: "la fabbrica della morte", e gli operai morti sono tanti, impossibile un calcolo esatto.
Eppure né gli scioperi degli operai che nel dicembre 1964 marciano al grido "nella benzina che Voi usate c'è un po' della nostra salute", né gli infortuni più o meno gravi, né i morti, né gli incidenti (scoppi di reattori, incendi, esplosioni, fughe di gas) portano a soluzioni concrete del problema. Si preferisce continuare a correre il rischio, piuttosto che trovare la forza di reagire.
Ma quando si accetta di correre un rischio di solito lo si sottovaluta.
Il 14 luglio 1978 ci fu un acquazzone estivo, l’acqua entrò nei magazzini dove la S.L.O.I. teneva i fusti di sodio, necessario per produrre il PT. Il sodio, un metallo, è estremamente infiammabile a contatto con l’acqua; quel giorno c’erano duecento tonnellate di sodio e alcuni fusti erano danneggiati.
L’incendio fu violentissimo. A pochi metri di distanza c’era il deposito del PT. Anche di questo ce n’erano tonnellate. Se il fuoco lo avesse raggiunto la città di Trento sarebbe diventata una enorme camera a gas. Centomila corpi che vacillano per le strade, si accasciano in preda a convulsioni...
E poi morti, tutti.
E la gente si sarebbe chiesta: “ma come abbiamo fatto a ad accettare questa situazione di rischio proprio nella nostra città? Ma come abbiamo fatto a non avere mai reagito?”
L’incendio fu domato, Trento fu salva, ma ancora oggi porta in grembo le offese della SLOI: terreni devastati, falde inquinate per sempre.

 


       



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