15 Settembre, 2002
In Italia ed a Cremona il Referendum è fallito.
Commenti a caldo dei principali schieramenti politici e sindacali.

In città hanno votato in 14.220 su 59.212 aventi diritto. Poco meglio è andata in Provincia
Referendum "gattopardo", tutto come prima
Mancato il quorum. A Cremona alle urne poco più del 24%
DI FEDERICO CENTENARI Poco più del 24 percento dei cremonesi ha detto la sua su articolo 18 e servitù di elettrodotto. Il quorum è rimasto un miraggio sotto il sole inclemente di questi giorni. Il Referendum è fallito. Tutto, all’insegna di un crudele "gattopardismo", resterà come prima. La tutela dei lavoratori resterà la stessa prevista nel 1970 dallo Statuto dei Lavoratori. La servitù di elettrodotto resterà coattiva. Con buona pace dei promotori della consultazione referendaria, Rifondazione Comunista e Verdi (i quali, peraltro, si sarebbero "accontentati" anche di un indicativo 30%). A Cremona città ha votato il 24,02% relativamente al quesito sull’art.18 (14.220 persone su un totale di 59.212 aventi diritto al voto), il 24,02% per il quesito relativo alla servitù di elettrodotto. Poco meglio è andata in Provincia, dove le percentuali per entrambi i quesiti sono salite a poco più del 26% (per l’articolo 18 i voti validi sono stati 70.519, per la servitù di elettrodotto 69.793). A Cremona città, a barrare il "sì" sulla scheda celeste (articolo 18) è stato l’87,60 percento dei votanti (12.022 persone), i "sì" barrati sulla scheda arancione (servitù di elettrodotto) sono stati l’81,52 percento (11.065 persone). Questi i dati diffusi dalla Prefettura di Cremona poco dopo la chiusura delle urne, alle 15. Le pessime avvisaglie di domenica si sono riverberate anche sulla giornata di ieri, anche se, lunedì, un po’ ovunque si è registrato un leggero aumento dell’affluenza. Aumento, tuttavia, ininfluente ai fini di una inversione di rotta. A Cremona tutto nella "norma": seggi aperti a partire dalle 7 del mattino sino alle 15 del pomeriggio. Discreto afflusso nelle prime ore - indicano alcuni seggi - poi, ordinaria quanto noiosa amministrazione. Sarà il caldo, saranno le lacerazioni politiche e i rimpalli tra "sì", "no" e astensione, sarà la scarsa affezione dimostrata dagli italiani nei confronti di consultazioni di questo genere, fatto sta che le urne, ieri come domenica, sono state poco frequentate. Altra mattinata di scarso lavoro per scrutatori e segretari di seggio. Non che a livello nazionale sia andata meglio. Solo il 23,4 percento degli italiani, meno di dodicimila persone, ha deciso di accogliere l’invito di Fausto Bertinotti. Tra questi, anche la nuova fascia di elettori residenti all’estero. In sintesi, tutto come prima, salvo la comprensibile bruciante delusione dei promotori e di quanti, come la minoranza della Cgil, hanno in seconda battuta appoggiato l’iniziativa. A Cremona, ognuno ha dato la sua personale interpretazione dell’esito referendario. E c’è chi si è nascosto dietro l’indice dello "strumento inadeguato" - il referendum - non più indicativo della vox populi. C’è anche chi non ha visto il diavolo poi così brutto come lo si dipinge, asserendo che una cosa è la politica, un’altra è l’opinione pubblica. C’è poi chi si è fregato tanto di mani e financo chi ha dato la colpa al caldo e ai proclami troppo convincenti della classe politica. In molti, infine, hanno giudicato l’esperienza come utile punto di partenza per rivedere le strategie di estensione delle tutele ai lavoratori.
I commenti di esponenti politici, sindacali e del mondo del lavoro cremonese
Le reazioni degli "interessati"
(f.c.) Ecco i primi commenti a caldo da parte degli esponenti locali di alcune delle realtà maggiormente coinvolte dal referendum appena concluso. Gianmario Confortini, segretario della federazione di Cremona di Rifondazione Comunista: «Certo, il commento rispetto al mancato raggiungimento del quorum non può che essere negativo. Per quanto concerne il dato numerico è comunque da rilevare che in Italia oltre dieci milioni di aventi diritto al voto si sono recati alle urne. Quasi tutti hanno detto "sì" a entrambi i quesiti. Questo è, in ogni caso, un dato importante su cui riflettere, perché indica la presenza di un’area di resistenza estesa con la quale fare conto. Il governo, che ora andrà avanti con la sua politica in materia di riforme e lavoro, dovrà comunque tenere conto di queste persone che per noi rappresentano una risorsa al di là di ogni appartenenza o logica di partito». Ernesto Cabrini, direttore della Associazione Industriali di Cremona: «Gli italiani sono un popolo maturo, che sa comprendere come alcune decisioni non devono essere adottate dalla gente, ma dalla politica attraverso le leggi del Parlamento. Sarà quest’ultimo, nei prossimi mesi, ad occuparsi dell’estensione delle tutele ai lavoratori che ancora non le hanno». Pier Attilio Superti, segretario della Federazione di Cremona dei Ds: «Si è trattato di un referendum che, anziché unire, divideva. Si deve invece lavorare per unire, in modo che l’estensione delle tutele ai lavoratori siano per tutti e più estese. Credo che gli italiani abbiano rifiutato la logica di un referendum che lacerava il centrosinistra, per questo è prevalsa l’astensione. Si dovrà lavorare anche per creare un fronte che induca il governo a muoversi in quella direzione, per includere e non per escludere». Giovanni Jacini, coordinatore provinciale di Forza Italia: «Credo che l’esito del referendum sull’articolo 18 fosse scontato. A mio avviso sarebbe stato deleterio per i lavoratori se fosse passato, e credo che questo lo pensasse anche buona parte del centrosinistra. Gli italiani e i cremonesi, insomma, hanno capito che non serviva a nulla. Per quanto riguarda invece la servitù di elettrodotto, i casi sono due: o si ripristinano le centrali elettriche o questi cavi da qualche parte devono pur passare. Indietro non si può certo tornare». Giuseppe Termenini, esponente dei Verdi di Cremona: «C’è, da parte nostra, rammarico per il mancato raggiungimento del quorum. Ciò indica un problema nell’istituto stesso dello strumento referendario: sarebbero necessarie più firme. Inoltre credo che la gente non sia stata coinvolta a sufficienza, sia nel merito che nel metodo». Francesco Grandi, segretario Associazione Piccole e Medie Industrie di Cremona: «E’ un risultato in linea con quanto auspicavamo e con quanto abbiamo sostenuto: si trattava di un referendum sbagliato. La gente lo ha capito. L’articolo 18 è un tema troppo complesso per poter essere risolto con un semplice "sì" o "no". L’argomento non si presta a questo genere di strumenti, va affrontato in sede negoziale e con il confronto politico». Mimmo Dolci, segretario generale Cgil di Cremona: «Sono tante le motivazioni anche non propriamente politiche che giustificano questa bassa affluenza. Sarebbe sbagliato aggrapparsi a questo per giustificare un risultato comunque insoddisfacente. Come Cgil, ricordiamo che non si tratta di una nostra iniziativa anche se in parte vi abbiamo aderito, abbiamo lungamente evidenziato i rischi dell’utilizzo dello strumento referendario, per il quale si registra una crisi di partecipazione. Per la Cgil si tratterà di lavorare sul tema dei diritti con l’obiettivo di recuperare parte di chi si è astenuto su un problema, l’estensione dei diritti, su cui lavoratori, cittadini e alcune forze politiche hanno condiviso la nostra impostazione». Mino Grossi, segretario generale Uil di Cremona: «Esprimiamo soddisfazione poiché l’astensione è prevalsa come scelta da parte dei lavoratori. Questo invita ad attuare una politica di riforma che tenda all’estensione dei diritti dei lavoratori precari con la concertazione delle parti sociali. Per questo il 4 luglio la Uil Lombardia a Milano avvierà il confronto con Tiziano Treu, Tito Boeri, Ichino e Cazzola, proprio per lavorare su queste tematiche». Mario Daina, segretario generale Cisl di Cremona: «Con questo risultato si può voltare pagina, si può cominciare ad affrontare i problemi veri, perché il referendum non affrontava quelle che sono le vere priorità. I lavoratori hanno bisogno di un allargamento delle tutele. Noi ne siamo sempre stati convinti e molti adesso lo hanno capito, anche a dispetto di quello che la Cisl ha sofferto in questo periodo. Il referendum, insomma, ci dà più forza, ci dice che abbiamo fatto le scelte giuste e che dobbiamo proseguire su questa strada». Sergio Ravelli, esponente dei Radicali di Cremona: «Non hanno perso solo i promotori di iniziative irresponsabilmente demagogiche, ha perso un sistema. Gli italiani non si fidano più: sentono che è stato sottratto loro qualcosa. Perché andare a votare se è chiaro che il gioco è truccato? Una risposta da opporre a tutto questo è il rilancio dalla denuncia, politica e giudiziaria, di quello che i Radicali chiamano il "caso Italia"».
fonte http://www.cronaca.it/cremona/05.htm
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