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 Storia Cremonese

15 Settembre, 2002
Lapide di Bissolati ad Alberobello: quella oggi esistente non è l'originale ( di Mario Piepoli)
E' successiva alla distruzione della prima in occasione di una manifestazione violenta dei reduci.

Lapide di Bissolati ad Alberobello: quella oggi esistente non è l'originale ( di Mario Piepoli)
E' successiva alla distruzione della prima in occasione di una manifestazione violenta dei reduci.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo uno scritto proveniente da Alberobello del Dott. Mario Piepoli che  descrive un curioso filo conduttore delle lapidi in paese.
Lo ringraziamo del contributo.
In allegato anche la pagina del giornale "Il piccolo  " di Cremona che richiama la nostra ricerca sula lapide di  Leonida Bissolati ad Alberobello.
Gian Carlo Storti
Direttore www.welfarecremona.it 

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Un curioso filo conduttore delle lapidi in paese
Abbiamo già ricordato la lapide a Giuseppe Garibaldi (Largobellavista n. 25), apposta con quella a Vittorio Emanuele all’ingresso del Municipio nel 1885, insieme all’altra sull’ingresso principale della Chiesa dei SS. Medici, ed è curioso che un’analoga storia è documentata anche per la lapide del 1945 a Leonida Bissolati, posta al lato sud dello stesso Municipio.
In breve, nel 1878 moriva Re Vittorio Emanuele II e non risulta alcuna proposta di lapide da parte dell’Amministrazione Comunale, a differenza del 1882 allorchè, alla morte di Garibaldi, si pensò ad una commemorazione ufficiale, che non ci fu per la rinuncia delle personalità del paese a tenere un discorso pubblico. Fu così che si propose la lapide, ma venne abbinata ad altra in memoria del Sovrano deceduto quattro anni prima. Nel 1885 la scoperta delle due lapidi “gemelle” fu preceduta dalla scoperta dell’altra lapide alla Chiesa, pure questa fatta eseguire a carico del Comune ma senza alcuna previa citazione negli atti amministrativi: era avvenuto che nel paese si era dato corso ad un partito clericale (in appoggio alla maggioranza liberale) con l’iscrizione tra gli elettori di falsi possidenti, come sarà accertato con sentenza del 17/1/1888 della Cassazione, ponendo fine al decennio del Sindaco Agrusti (Delib. consiglio comunale  660 del 19/7/1896). La lapide della Chiesa, appunto, costituiva un segno di riconoscimento all’opera dei clericali. Alla cerimonia non parteciparono gli universitari di Alberobello ma quelli di Locorotondo Recchia Vincenzo, Guarnieri Menotti, Curri Michele, Romano Federico e, per la Società Operaia, Gidiuli Carmelo. Questa ricerca si è rivelata opportuna - e curiosamente tempestiva - dal momento che il recente programma del Governo per le celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia comprende, tra l’altro, l’istituzione di una banca dati delle lapidi commemorative dell’evento.
A distanza di sessant’anni nel 1945, il Comune adotta la Delibera 55 con la quale cede gratuitamente alla locale Sezione Socialista la lapide rimossa a seguito della Liberazione, dove erano state incise le sanzioni votate dalla Società delle Nazioni (ora l’O.N.U.) contro l’Italia per l’invasione dell’Abissinia nel 1935-36, per essere trasformata in lapide in onore di Leonida Bissolati con spesa a carico dell’amministrazione. Nella successiva Delibera n. 86, che riporta la cerimonia del 27 maggio 1945, la detta lapide viene indicata come “”offerta dal popolo di Alberobello, su iniziativa del Partito Socialista locale, al Comune””, invertendo i soggetti della donazione. La circostanza è spiegabile se si pensa allo stretto legame personale che legava il Commissario del Comune (Filomeno) e il Segretario della sezione socialista (Campione), come emerge anche dalla ridondante e ampollosa descrizione della cerimonia, che nulla aveva a che fare con l’anniversario del riscatto feudale di Alberobello del 1797 ma che viene indicata come “”evento storico… degna apoteosi del grande patriota… davanti ad una gran folla ammassata in Piazza del Popolo””. Altra curiosa coincidenza è che anche in questa occasione la commemorazione ufficiale non si ebbe per l’assenza per ”ragioni di salute” di Campione, autore dell’epigrafe. Sta di fatto che, a distanza di qualche mese, la Delibera 180 della Giunta Comunale di nomina prefettizia (Sindaco sempre Filomeno) dispone la fornitura, costruzione e messa a posto di altra lapide in onore di Bissolati con l’incisione della stessa dedica, a seguito dell’abbattimento della precedente lapide da parte di “alcuni giovinastri” nel corso di una manifestazione in favore dei reduci. Anche la lapide a Bissolati, quindi, è testimonianza di profonde divisioni - se non proprio lacerazioni -  in seno alla cittadinanza alberobellese alla caduta del Fascismo.
Ma, andando ancora più indietro nel tempo, anche la notissima – per alberobellesi e turisti – lapide di Casa D’Amore, in Piazza Ferdinando IV, ha una sua storia di piccola polemica a distanza. Infatti, questa lapide fu fatta apporre con spirito… revanscista da Francesco D’Amore proprio di fronte al palazzo dei Conti Acquaviva nell’anno del riscatto feudale con la scritta Ex auctoritate regia hoc primum erectum A.D. 1797, a ricordo dell’abolizione del divieto del feudatario di costruire case con malta. Cento anni dopo don Modesto Colucci comporrà il sonetto Pel centenario della 1^ casa regolare con cemento fra i trulli (in Liriche all’Ombra, CRSEC Putignano 2008), rivendicando alla sua abitazione natìa in Corso Vittorio Emanuele-angolo Via Imbriani, ora non più esistente, la primogenitura delle costruzioni con malta in Alberobello “”A Te toccò la gloria, che il primo muro ai prischi trulli unìa!””, specificando in una nota che la casina della sua famiglia era da considerarsi “”la prima costruita di pianta, e in forma simmetrica nel 1807”” a differenza della proprietà D’Amore che era costituita da una “”loggetta innestata ai suoi trulli””.

Ancora oggi la curiosa coincidenza di fatti e volontà nascoste, documentati per il passato, viene alla ribalta per una targa, donata al Comune nel 2002 insieme all’Ulivo di Gerusalemme piantato in un’aiuola nei pressi della chiesa di S. Lucia “”per l’ospitalità offerta dai suoi cittadini durante le persecuzioni razziali””. Nel periodo 1939-49 le persone internate alla vecchia Scuola Agraria-Masseria Gigante trovarono ampia solidarietà da parte degli alberobellesi nell’alleviare per quanto possibile la loro mancanza di libertà, sfidando le leggi razziali vigenti. In riconoscenza di questo atteggiamento, è stato offerto l’ ulivo proveniente dalle colline di Gerusalemme, come già avvenuto nei giardini vaticani. F. Terzulli, autore di un lungo articolo su Umanesimo della Pietra 2008, rileva che “”la targa apposta nel 2002, unica pubblica dichiarazione in Puglia che attesta un collegamento della nostra regione con le persecuzioni antiebraiche, è stata spostata in una zona dove non è più visibile dai visitatori; è stato spostato anche l’olivo delle colline di Gerusalemme, autentico ponte tra due meravigliose città di pace. L’olivo, però, continua a crescere, nonostante tutto e nonostante tutti… L’olivo cresce, guai a chi nasconde l’olivo! “”. In effetti, l’attuale posizione dell’olivo, così come la targa fissata su un paletto ad altezza di bambino, è estremamente precaria sia ai fini della corretta vegetazione sia per la stessa visibilità e per l’alto significato storico e ideale che rappresenta. Meriterebbero ben altra considerazione nelle visite scolastiche, nella segnaletica e guide turistiche, nello Statuto comunale,  solo che fosse promosso uno sforzo di tutti per superare posizioni e pregiudizi che nulla hanno a che vedere con l’atteggiamento della cittadinanza alberobellese in un dato periodo, spontaneo e non indotto da questa o quella fazione. Anche al fine di garantire serietà ed autenticità alle iniziative annuali del Giorno della Memoria di ogni 27 gennaio, sarebbe opportuno che le autorità religiose operassero per trasferire anche a livello locale le iniziative di dialogo tra Ebraismo e Cristianesimo che prima Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI hanno avviato con le visite alla Sinagoga di Roma; sarebbe auspicabile che la vicenda storica degli internati al Campo di Alberobello, ebrei e non, fosse distinta dai fatti di cronaca della guerra in atto tra Israeliani e Palestinesi; sarebbe doveroso che si ponesse fine al… peccato originario della targa e dell’ulivo per essere nati in un periodo di commissariamento a seguito di scioglimento degli organi comunali, perciò non legati al nome di questo o quel politico di turno, come è avvenuto per la lapide del Centenario dell’aggregazione di Coreggia nel 1995 o per la lapide dell’UNESCO del 1996. Tra i problemi più dibattuti, è noto l’ampio spazio dedicato alla “morte della patria” (Salvatore Satta) dopo l’8 settembre 1943, allorchè l’Italia fu divisa in due e invasa da eserciti stranieri. Raffaele Liucci, sul Sole24Ore del 13 settembre 2009, in polemica con la definizione di Satta, sottolinea “il più variegato profilo del popolo italiano”, comprendente oltre alla “zona grigia” anche un “paese meno attendista e silente” - rivelatore di un “protagonismo popolare che ha le sue origini nelle enormi privazioni causate dalla guerra” come sostiene Leonardo Paggi, autore de Il popolo dei morti, Il Mulino ed. 2009 – sperimentando “un’embrionale pratica di cittadinanza”. E Carlo Ossola, sullo stesso quotidiano, richiama la “capillarità anonima e continua degli atti di resistenza che non trovano posto nei libri ma solo nei registri del vissuto”. E’ in quest’ambito che va collocata la targa dell’Ulivo di Gerusalemme, legata com’è all’espressione più autentica e disinteressata dell’apertura degli alberobellesi verso persone condannate per motivi politici, perciò in stretta relazione con la lapide sulla facciata del Municipio del 1964 che ricorda i cinque concittadini Partigiani della brigata Garibaldi e della divisione Italia.

Mario Piepoli

( pubblicato su  Largo Bellavista n° 34/09)

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Breve nota sull'autore.
Il Dott. Mario Piepoli  è nato in Alberobello  nel 1950 ed ivi residente. Attualmente svolge le funzioni di Vicesegretario al Comune di Alberobello.
Ha  seguito le più importanti pratiche di promozione del territorio, comprese l'iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO e vari progetti UE in materia turistica e culturale. In occasione del riordino dell'Archivio comunale ha esaminato direttamente tutte le delibere di Consiglio e di Giunta esistenti, pubblicando sul mensile distrettuale Largo Bellavista vari articoli sulle curiosità riscontrate.
Tra queste rientrano le lapidi in paese come quella di Bissolati: quella oggi esposta non è quella eseguita per l'intervento della sezione socialista ma una successiva alla distruzione della prima in occasione di una manifestazione violenta dei reduci.

Alberobello 15 ottobre 2010

Il link sulla lapide di Bissolati ad Alberobello
-- http://www.welfarecremona.it/wmview.php?ArtID=15078

 


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