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 Lettere a Welfare

15 Settembre, 2002
Studi di settore, uno strumento forse sbagliato
Lettera aperta dell*amico Massimo Negri di Casalmaggiore

Cari amici di Welfare Cremona,

sono, per formazione e idee, a favore di uno stato che, nella cornice della democrazia liberale e dell' economia di mercato, interviene mediante la leva fiscale per la valorizzazione dei talenti e dei meriti. Nel quadro europeo, la mia simpatia va alle politiche storicamente volte a rendere effettiva l' uguaglianza delle opportunità, con un livello di tassazione anche a tratti elevato ma a cui corrisponde un profilo dello stato efficiente nell' erogazione dei servizi di sua competenza (ordine pubblico, ambiente, scuola, sanità e alcuni altri beni pubblici essenziali).

Ciò premesso, mi chiedo se la legge sugli studi di settore, vigente in Italia, rientri nel fisiologico e sano confronto tra sistemi fiscali diversi o, invece, ne esuli, stabilendo, per usare le parole di Valdo Spini a Prima Pagina (20 giugno 2007), "la determinazione collettiva dei redditi da lavoro autonomo". Un' espressione, da buon toscano, forse un po' colorita ma rivelatrice di un' anomalia che sta creando disagio. Vista da dentro, la sensazione è quella di trovarsi in trappola, alle prese con una forza esterna sovrastante. Come descrivere altrimenti un contesto nel quale un operatore economico che ha già versato i tributi ordinari di esercizio può venire chiamato dalla Agenzia delle Entrate a fornire giustificazioni e prove per non essersi adeguato a degli standard di fatturato e di reddito arbitrariamente predefiniti?

Il riflesso è serio perché, concretamente, per come sono gestite le cose, l' accertamento automatico che scatta nei confronti di chi non si adegua può tradursi in un contenzioso avente come probabile epilogo la richiesta al contribuente di versare nuove imposte su cifre astratte, presunte, non effettivamente conseguite. E la chance di ottenere, con i conti in ordine, uno sconto, pur di chiudere la partita, allevia ma non risolve il problema. Domanda: tale norma è coerente col principio della capacità contributiva sancito dall' art. 53 della Costituzione?

Il cittadino, inerme, che svolge il suo mestiere sulla base delle preferenze che attengono all' essenza più intima della libertà individuale rischia di doversi indebitare o, nei casi più delicati, di cessare a causa di un insostenibile peso fiscale. Il fatto stesso che, a volte, siano gli stessi funzionari delle imposte a suggerire la chiusura dell' attività credo la dica lunga sui risvolti sociali di tale legge. Pure sul piano del bilancio pubblico, anche se non sono un esperto, mi pare che affidare una parte del gettito alla logica del pollo di Trilussa non sia un buon esempio. Chi è sopra la media ci sguazza, chi è sotto ne soffre. Il problema della evasione italiana - sintomo di una malattia del corpo sociale e di una crisi di fiducia tra cittadini e stato - penso attenda soluzioni diverse. Il sistema della messa in dialettica degli interessi, ossia permettere la deducibilità, anche parziale, di alcune spese quale incentivo a richiedere la fattura a idrualici, imbianchini e così via è solo una delle possibili alternative.

In ultima analisi, mi viene in mente un brano di Luigi Einaudi che dedico a tutti gli imprenditori onesti: "migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. E' la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di denaro. Il gusto, l' orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, abbellire le sedi, costituiscono una molla altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritrarre spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi".

Cordiali saluti
Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)

 


       



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